Zuncheddu, 32 anni di carcere da innocente: il primo risarcimento
Un risarcimento di 30mila euro per aver passato 32 anni da innocente in celle piccole e sovraffollate. È il primo indennizzo per Beniamino Zuncheddu, il pastore condannato ingiustamente all’ergastolo per la strage di Sinnai dell’8 gennaio 1991 e scarcerato a gennaio scorso, dopo che i giudici lo hanno assolto al termine di un processo di revisione. A quantificare il risarcimento è stato il Tribunale di Sorveglianza di Cagliari, al quale l’avvocato di Zuncheddu, Mauro Trogu, aveva presentato la richiesta di indennizzo per le condizioni patite e per il trattamento inumano subiti a partire dal 28 febbraio 1991, sia nel carcere cagliaritano di Buoncammino che in quello nuorese di Badu e Carros. Penitenziari non a norma, contraddistinti da celle piccole e in cui venivano reclusi troppi detenuti, senza nemmeno lo spazio minimo previsto dalla Convenzione europea per i diritti dell’uomo. Ora i giudici di Cagliari hanno fissato la somma di 30mila euro, che comunque è solo il primo dei risarcimenti attesi da Zuncheddu. Dovrà essere infatti quantificato il risarcimento per i 32 anni che l’uomo ha passato in galera da innocente. Da quell’8 gennaio 1991, quando furono ammazzati a colpi di fucile tre pastori, mentre un quarto rimase gravemente ferito ma riuscì a sopravvivere. Zuncheddu, all’epoca, aveva 27 anni e fu individuato come l’uomo che, a volto coperto, aveva messo a segno la mattanza nell’ovile Cuile is Coccus, sulle montagne tra Sinnai e Burcei, a nordest di Cagliari. Secondo la ricostruzione il killer aveva fatto irruzione nell’allevamento, uccidendo con una pallottola in faccia il 56enne Gesuino Fadda. Poi si era diretto verso il recinto degli animali, dove aveva sorpreso e ammazzato il figlio di Gesuino, Giuseppe, di 24 anni. Infine, in una piccola struttura dell’ovile, aveva sparato a Ignazio Puxeddu, un dipendente 55enne che morì sul colpo, e all’allora 29enne Luigi Pinna, genero di Gesuino, che scampò alla morte fingendosi morto. Nonostante Pinna giurò di non essere in grado di riconoscere l’assassino, perché durante la strage quell’uomo indossava una calza in testa, gli investigatori concentrarono i loro sospetti su Beniamino, che con le vittime aveva avuto alcuni contrasti e che non aveva un alibi per l’orario del delitto. Zuncheddu fu arrestato, ma l’inchiesta si arenò per due mesi. Poi colpo di scena: Pinna puntò il dito contro Beniamino e indicò in Zuncheddu l’assassino di suo suocero, di suo cognato e del dipendente, nonché colui che aveva tentato di ucciderlo. Il caso si risolse così, con la sola testimonianza del sopravvissuto e nessun’altra prova, nonostante il pastore continuava a proclamarsi innocente. Ma nessuno gli credette e, prendendo per buono il solo riconoscimento del sopravvissuto, i giudici condannarono Zuncheddu in via definitiva, fissando il movente della strage nei continui litigi per sconfinamenti di bestiame. Beniamino non si è mai arreso da allora e tre anni fa le prove della sua innocenza sono finite sulla scrivania dell’ex procuratore generale di Cagliari, Francesca Nanni. Il magistrato intuì che più di qualcosa non quadrava nel caso e dispose intercettazioni ambientali nei confronti delle sorelle e della moglie di Pinna. Così venne a galla che la testimonianza del sopravvissuto era una messinscena. Lo stesso Pinna, il 14 novembre scorso, ha ritrattato, crollando dopo un’ora e mezza di interrogatorio. Durante il quale ha raccontato come l’allevatore era stato incastrato. “Prima di effettuare il riconoscimento dei sospettati”, ha ammesso l’unico accusatore, “l’agente di polizia che conduceva le indagini mi mostrò la foto di Beniamino Zuncheddu e mi disse che il colpevole della strage era lui. È andata così. Ho sbagliato a dare ascolto alla persona sbagliata”. E alla domanda su chi fosse quell’agente, Pinna ha risposto “il poliziotto Mario Uda”, aggiungendo di essere convinto “che quel giorno a sparare furono più persone, non solo una, con un solo fucile non puoi fare una cosa del genere”. È così che a gennaio scorso Zuncheddu è stato assolto ed è tornato un uomo libero.
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