Zaki, Tricarico: “Non era un caso Regeni, basta ipocrisie”
GENERALE LEONARDO TRICARICO
di EDOARDO SIRIGNANO
“Zaki non era un caso Regeni, basta ipocrisie. Due pesi diversi su Turchia e Egitto”. A dirlo Leonardo Tricarico, ex capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica e attuale presidente della fondazione Icsa.
Quale la differenza tra il caso Regeni e quello Zaki?
Nel caso Regeni c’era un motivo robusto, ben identificato e condivisibile per pretendere dal regime egiziano la verità. Il comportamento delle autorità egiziane, che allora furono poco collaborative, è completamente diverso da quello di oggi.
Perché?
Stiamo parlando di un egiziano al quale non è stata concessa la cittadinanza italiana. Anche se il Parlamento, all’unanimità, ha dato luce verde a riguardo, nei fatti, Zaki non è ancora un nostro connazionale. Stiamo parlando di chi non parla neanche la nostra lingua. Basta ascoltare qualche sua intervista con la traduzione simultanea. Sono, quindi, ingiustificate e scarsamente comprensibili le prime pagine dei quotidiani o quasi tutti, soprattutto quelli di una certa parte che gridano allo scandalo. Questo ragazzo, poi, ha combinato una pena detentiva di qualche anno per dei fatti che non conosciamo.
Ci sono, però, persone che da anni commentano la vicenda…
Sfido chiunque abbia scritto di Zaki a dimostrare che ha letto le carte, che conosce gli atti del processo, i capi di accusa. Si parla solo per deduzione, perché si vuole accostare a tutti i casi questa storia con quella di Regeni, pur non sapendo nessuno cosa ha fatto realmente Patrick. Non avrebbe avuto verosimilmente quella pena in un Paese libero. Detto ciò, non possiamo dirlo, saperlo, soprattutto se chi oggi grida allo scandalo è un garantista. Questi soggetti, però, non usano lo stesso metro quando a dover godere di queste garanzie è un altro.
Cosa si sente, quindi, di dire a chi grida allo scandalo?
Tutti coloro che oggi gridano scandalizzati dimenticano di appartenere a un Paese dove la giustizia, per altri motivi, è forse peggiore di quella egiziana. Rispetto a ciò, però, c’è più di qualcuno che preferisce tacere. Nel mondo ci sono casi peggiori di quello Zaki, ma nessuno proferisce parola.
A cosa si riferisce?
Il caso più eclatante è quello di Erdogan che ha imprigionato decine di migliaia di giornalisti, avvocati, imprenditori, militari solo perché appartengono a una certa corrente di pensiero. Peggio ancora quanto accaduto qualche giorno fa. La Turchia ha dato l’ok alla Svezia nella Nato in cambio dell’estradizione di persone, che vengono definite terroristi, ma non sono che semplici dissidenti. Stiamo parlando, quindi, di uomini e donne a cui viene negata, a tutti gli effetti, la libertà di pensiero. Nessuno dice niente. Tra l’altro questo patto ha avuto il placet di tutta la comunità internazionale, in primis la Nato e Stoltenberg.
Si tratta, pertanto, dell’ennesima arma utilizzata da una parte politica per far inciampare il governo Meloni?
L’effetto Meloni è collaterale. La verità è che questi signori si sono sempre espressi in questo modo per ideologia. Il problema, però, che tale atteggiamento è irresponsabile. Messa in gioco non soltanto la sorte di Zaki, ma soprattutto i rapporti tra Italia ed Egitto. Questo è un paese strategico per i nostri interessi, non solo di natura commerciale.
Concessa, intanto, la grazia a Zaki…
Come ogni cittadino italiano, plaudo alla decisione del presidente al-Sisi di far tornare Zaki in Italia, in modo che possa continuare gli studi a Bologna.
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