Attualità

VISTO DA – Tremila anni d’attesa che posson bastare

di Nicola Santini -


Tremila anni d’attesa – Siamo di fronte ad una ben allestita opera fantasy affascinante e bella da vedere, che però non arriva nell’intento di raccontare nel modo più completo e aspettato quello che vorrebbe trasmettere agli spettatori sul tema dell’amore e l’importanza delle storie da vivere prima ancora che da raccontare.
Una storia che parla di storie e una vicenda romantica che tratta il mistero dell’amore, Tremila anni di attesa (Three thousand years of longing) vede il 78enne George Miller lasciare la sua immaginazione libera di sfogarsi, anche se i risultati non sono sempre all’altezza delle proprietà magiche intrinseche del materiale che ispira la narrazione.
Idris Elba, ottima scelta, intensa, da il volto a un Djinn – ossia un genio – che si approccia alla figura della “narratologa” con il volto di Tilda Swinton paventandole, sapendo di colpire sulle giuste corde, la possibilità di concederle tre desideri, dando così luogo a una serie di favole epiche che solo a una certa rivelano quella corrente emotiva di fondo con l’intento di essere struggente e di colpire i cuori. Una storia nella storia, o forse, una storia dopo la prima storia.
Alithea Binnie è quindi una studiosa che, nonostante si sia spessissimo trovata alle prese con storie e racconti incredibili, è riuscita a mantenere una certa distanza nonché quel tot di scetticismo, negando con convinzione l’esistenza di qualsiasi cosa anche soltanto in minima percentuale di dubbio appartenente al mondo del sovrannaturale. Negli ultimi, però, mesi la donna si trova a che confrontarsi con tutta una serie di visioni, che lei giustifica come allucinazioni, nelle quali gli compaiono creature di diverse culture: visioni di folklore che sono soltanto un antipasto di quello che di bizzarro le sta per accadere.
Infatti entrerà da lì a poco in possesso di un’antichissima ampolla che a sua insaputa contiene lo spirito di quel djinn che la abita da secoli e che ora viene casualmente risvegliato dalla nuova proprietaria curiosa quanto scettica.
La protagonista ha a disposizione tre desideri da esaudire, completati i quali il djinn potrà essere libero dalla sua progione.
Ma non è così semplice perché Alithea è insicura e nel tentativo di convincerla, il genio decide di raccontarle delle storie che la fanno salire su un’ideale macchina del tempo che le ambienta di epoca in epoca.
Si usa così questo escamotage per raccontare non una ma tantissime storie, ognuna delle quali protagonista di un differente momento storico che obbliga a calarsi nella testa della gente dell’epoca, nei loro usi e nei loro barocchi costumi.
Un pretesto che si intreccia con l’emotività della protagonista che con il suo occhio, perde man mano un distacco imposto, per lasciarsi prendere dalle varie vicende che vede, in qualche modo, correlate alle sue, con la sensazione di essere lei stessa, così come il genio, a doversi liberare di qualcosa che forse la opprime ma di cui ha la chiave per uscire.


Torna alle notizie in home