VISTO DA – Parthenope, un romanzo di formazione feroce ma esasperante
All’inizio Parthenope sembra il film perfetto per certi circoletti con la puzza sotto il naso e la baguette sotto l’ascella: smozzicate frasi ad effetto, sguardi tra il languido e il disperato che quasi sempre travalicano la cinepresa (tecnicamente definiremmo esasperante l’utilizzo del primissimo piano), riflessioni cervellotiche sul senso della vita. Ad un certo punto, però, tutto cambia, il ritmo si assesta e anche la storia si dipana: il nuovo film di Paolo Sorrentino (dieci anni esatti sono passati dal Premio Oscar al Miglior Film Straniero per “La Grande Bellezza”) è una celebrazione della giovinezza come età delle infinite possibilità, ripercorsa attraverso il filtro della nostalgia, tutta nel volto e nella grazia espositiva di Stefania Sandrelli, che come un pendolo eternamente oscilla tra il rimorso e il rimpianto. Echi à la “Challengers” caratterizzano sulle prime il rapporto tra i tre protagonisti: Sandrino, Raimondo e Parthenope. Un trauma, poi, costringerà lei a cominciare a camminare da sola e a scegliere tra l’alto (che si va via via sgretolando) e il basso (coi suoi riti crudeli). Mille strade le si parano davanti perché «la bellezza, come la guerra, apre tutte le porte». Forse Parthenope farà il cinema (Sorrentino disegna con indicibile ferocia i personaggi di Isabella Ferrari e Luisa Ranieri, sempre più in odore di biopic su Mina Mazzini) o forse abbraccerà la vita accademica, sotto l’ala protettiva (la protezione è proprio quella che, da un certo momento in poi, le è mancata in ambito familiare) del professor Devoto Marotta. Gli dà il volto Silvio Orlando che per Paolo Sorrentino ha già interpretato il Cardinale Angelo Voiello nel dittico seriale “The Young Pope” e “The New Pope”. Entrambi i personaggi nascondono un segreto dietro la porta, luogo fisico e metaforico; è un rimando alle due serie, in onda su Sky tra il 2016 e il 2020, anche il Cardinale Tesorone, aspirante al soglio pontificio ancora decisamente soggiogato dalle passioni terrene, sessualità e vanagloria, e la “visione” di Parthenope oltre lo specchio, vestita del tesoro di San Gennaro. E’ una donna Parthenope, di cui leggiamo per immagini un vero e proprio romanzo di formazione, ma è anche una città intera: la sua spiritualità “attendista” (il sangue di San Gennaro si scioglierà?), il tifo aggregante e viatico per il riscatto; “Parthenope”, il film, si conclude con i festeggiamenti per il terzo scudetto del Napoli, a maggio 2023. Parthenope alla fine fa la sua scelta. Parallela a quella di colei che per due anni l’ha portata addosso: Celeste Dalla Porta è una luminosa promessa del cinema italiano: l’ha scelto inconsapevolmente, dice, «da bambina. Degli attori mi affascinava la possibilità che avevano di cambiare, di vivere altre vite. Alla fine è stato per questo che ho deciso di provarci: per essere qualcun’altra, per vivere una vita che non era la mia. Mi vedevo altrove, in altre famiglie». Nella sua, la madre ha un ruolo centrale: «Mi ha seguita per tutti i provini ed è stata la prima persona che ho chiamato quando ho preso il ruolo».
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