Cultura & Spettacolo

VISTO DA – Il riscatto glamorous di Samantha

di Nicola Santini -


Difficile mettere in pista un queer drama senza essere troppo queer e senza scadere nel troppo drama. Può sembrare un gioco di parole, ma nei queer drama ci sta. E qua ci gioca tutto sulle parole e sul loro peso, ancor prima che sul loro significato.
Ci si muove tra glitter, oro e lustrini. Tutto quel che luccica, abbaglia. Miss Benny e Kim Cattrall si pigliano la scena in Glamorous, la dramedy che racconta il dietro luci e ombre di un’azienda di cosmetici, attraverso lo sguardo della comunità LGBTQIA+.
Negli ingredienti c’è un po’ di Ugly Betty, e un po’ di Emily in Paris. Cercano dinon metterci un po’ (troppo) Sex and the City, ma con Kim Cattral, che rivedremo nella versione pensionate in qualche cameo della nuova serie dopo uno stop e tante polemiche, è chiaro che ogni tentativo risulterebbe sempre sprecato. Eppure a parer mio, emerge. Anche se, confesso, in più di un momento mi sono trovato a pensare “Samantha ma che stai a fa?”, distraendomi in qualche tempo morto (ci sono) vedendo scene e dialoghi che tanto Samantha non sono.

Altre citazioni che si sprecano sono quelle del Diavolo Veste Prada, quello che nei tempi moderni ha fatto scuola a tutti.
Un aspirante influencer con un proprio canale di poco conto su Instagram e TikTok fa dei tutorial sul trucco per sentirsi belli fuori oltre e belli dentro e e fa dietrologia spicciola su cosa sia realmente il make up al di làdi ciò che vediamo. Il tutto si scontra con la testa agée di una madre però pensa che per farsi un posto nella società debba trovarsi il “lavoro vero” e con un maneggio gli procura un possibile posto di assistente al proprio studio legale, cosa che non potrebbe essere più distante da ciò che lui vuole dalla vita.
Fuori da lì, però c’è un altro posto di assistente che lo aspetta, solo che lui non ne ha idea. E qua gli incastri lo mettono sulla gtraiettoria di Madolyn Addison, ex super modella, diventata magnate di un’industria di cosmetici conosciuta in tutto il mondo, che, guarda caso, finisce al centro commerciale per testare il proprio prodotto sul campo, e riconosce nel ragazzo l’ingrediente che manca alla propria azienda per potersi rinnovare: un approccio fresco, giovane e, dato non trascurabile, l’occhio del consumatore appassionato.
La vita gli cambia quando a lei viene l’idea di prenderselo come secondo assistente (sappiamo come funziona, ma continua a piacerci). Ora ha a che vedere con cosmetici di lusso a livello professionale, che lo mette alla prova ma lo trova, per quanto giovane e alla prima reale esperienza lavorativa importante, sicuro di sé e della sua preparazione in materia di cosmesi. Sicurezza che dura poco. Gli inciampi saranno all’ordine del giorno. Dovrà dunque rimboccarsi le maniche e fare molta gavetta, tra uno scivolone e l’altro, tipo mollare appunti con importanti segreti aziendali su Uber o rovesciare un caffé proprio dove non doveva.

In mezzo a questo molti cliché noti e molti studiati ad hoc, molta retorica scontata e momenti anche di pietismo da cui ne esce salva solo la protagonista femminile che sa dar vita al suo personaggio senza inutili farciture. Kim Cattrall è semplicemente perfetta nel ruolo della direttrice che in apparenza è perfida e cinica ma in realtà dotata di grande umanità, forte del suo aver messo in piedi un’azienda a conduzione familiare con principi ancora sani e di vecchio stampo, e averla trasformata in un colosso nell’immaginario collettivo.
La promessa della serie di 10 puntate è raccontare che sotto la superficie e l’apparente superficialità degli strati di trucco, cerone e contouring, c’è molto altro da scoprire, e che fermarsi alle apparenze, quando si deve tirare la riga, serve a poco e a niente. Ci riesce? Ci riesce la Cattral, perché incarna quella che capisce e fa capire che sì, le difficoltà rendono tutti uguali, uomini, donne e tutte le sfumature del fluido, ma che la risposta e la reazione più efficace è una sola: comprendere e riularsi le maniche senza inutili piagnistei.
Peccato che i dialoghi spesso cadano nello scontato, che si voglia, troppo spesso, accontentare la narrazione abituale che poi piacerà ai critici abituali. Non un’occasione persa, perché è onesto riconoscere che quello che doveva essere il messaggio è diventato uno dei messaggi, ma le vere rivoluzioni si pagano a rate. E questo la Cattral, ma anche chi l’ha scelta, sembrano averlo capito bene.


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