Cultura & Spettacolo

VISTO DA – Il Conte di Montecristo: bello ma non definitivo

di Eleonora Ciaffoloni -


Il classico immortale di Alexandre Dumas Il Conte di Montecristo (2024) torna sul grande schermo con una nuova veste grazie a Matthieu Delaporte e Alexandre de La Patellière, che si cimentano in un’ardua impresa: riportare la storia di Edmond Dantès al pubblico moderno. Presentato fuori concorso al Festival di Cannes, il film ha ricevuto una calorosa accoglienza, con 12 minuti di applausi, confermando il fascino intramontabile di questa storia di vendetta, amore e redenzione. Pur essendo un buon prodotto e un intrattenimento solido, non riesce a collocarsi tra i migliori adattamenti cinematografici di questa opera letteraria. La trama è nota: nel 1815, Edmond Dantès, giovane marinaio, viene ingiustamente accusato di tradimento e imprigionato nel lugubre Château d’If. Dopo 14 anni, riesce a fuggire e, grazie a un tesoro nascosto, mette in atto un elaborato piano per vendicarsi di chi lo ha tradito. È una storia che racchiude tragedia, avventura e intrighi, resa ancora più intensa dalla trasformazione di Dantès nel misterioso e carismatico Conte di Montecristo. Delaporte e La Patellière affrontano l’adattamento con un approccio spettacolare, privilegiando il ritmo e l’impatto emotivo rispetto alla fedeltà assoluta al testo di Dumas. La regia si presenta audace e talvolta enfatica, cerca di modernizzare il racconto senza snaturarlo completamente. Questo equilibrio non è sempre perfetto: alcune scelte stilistiche, come l’uso eccessivo di una colonna sonora invadente, finiscono per appesantire momenti che avrebbero potuto essere più sottili e potenti. La messa in scena è un punto di forza del film. Le ambientazioni, che spaziano dalle oscure celle di Château d’If alle luminose e opulente residenze parigine, sono curate con grande attenzione ai dettagli, riuscendo ad evocare l’atmosfera epica e drammatica del romanzo. Il cuore del film è la performance di Pierre Niney nei panni di Dantès. Niney offre una prova convincente, incarnando i diversi aspetti del personaggio: dall’innocenza del marinaio alla glaciale determinazione del Conte di Montecristo. Un’interpretazione capace di reggere il peso di un ruolo iconico. Nota di merito anche al cast di supporto, che comprende il nostro Pierfrancesco Favino nel ruolo dell’abate, compagno di prigionia di Dantès, con una performance toccante e intensa. Nel complesso i due registi scelgono di puntare sull’intrattenimento, sacrificando in parte la complessità e la profondità tematica dell’opera originale. Se da un lato questa scelta rende il film accessibile a un vasto pubblico, dall’altro limita la sua capacità di distinguersi come un adattamento definitivo. Le libertà prese rispetto al materiale di partenza, potrebbero non soddisfare i puristi del romanzo di Dumas. Il Conte di Montecristo, in questo nuovo riadattamento riesce a intrattenere e coinvolgere, tuttavia, non raggiunge le vette dei migliori adattamenti del romanzo, complice una tendenza all’enfasi eccessiva e una sceneggiatura che, pur efficace, non approfondisce appieno le molteplici sfumature dell’opera originale. In definitiva, merita di essere visto, ma rimane un gradino al di sotto dei classici che hanno segnato la storia del cinema.


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