VISTO DA – Dieci minuti, un elogio alla fragilità
Tra le protagoniste assolute di Venezia81 (28 agosto-7 settembre 2024), con ben quattro film, “Diva Futura”, opera seconda di Giulia Steigerwalt sulla parabola di Riccardo Schicchi, che negli Anni Ottanta ha scritto un capitolo d’oro nella storia del porno mainstream italiano, “Familia” di Francesco Costabile, “Se posso permettermi – Capitolo II” di Marco Bellocchio e “Nonostante”, film d’apertura della sezione Orizzonti diretto da Valerio Mastandrea, di ritorno dietro la macchina da presa a sei anni dall’esordio con “Ride”, Barbara Ronchi interpreta Bianca nell’ultimo film di Maria Sole Tognazzi, “Dieci minuti”, liberamente ispirato al romanzo di Chiara Gamberale “Per dieci minuti” (Feltrinelli, 2013).
La separazione dal marito, con il quale ha mantenuto sino ad allora un rapporto simbiotico, e il successivo licenziamento hanno spinto Bianca in un buco nero dal quale non riesce a risalire. La terapia che la dottoressa Giovanna Brambanti (Margherita Buy), ha approntato per lei è certamente particolare: ogni giorno, per dieci minuti, deve impegnarsi in qualcosa che non ha mai fatto, per timore o per imbarazzo. È divertente vedere Bianca che prova gradualmente ad uscire dalla propria zona di comfort; fare del sesso occasionale e poi picchiare il suo amante quando lo scopre sposato e con un figlio, manomettere il sistema anti-taccheggio di un grande magazzino per provare a rubare – per la prima volta in vita sua – un cappotto che le piace tanto. Ma ogni momento apparentemente leggero, nasconde profondità abissali, in cui lo spettatore viene immerso tramite flashback affilatissimi.
E se è vero che il motivo per cui ci sediamo di fronte a un terapeuta non è mai quello che crediamo, quello più in superficie, “Dieci minuti” è un viaggio (anche fisico) nel passato di Bianca, che ha ancora un nodo da sciogliere; poi verranno giù, come in un effetto domino, trovando una spiegazione e una pacificazione, anche tutti gli altri.
“Dieci minuti” è un film sulla resilienza delle donne, accomunate dall’esperienza dell’abbandono che sia reale o solo temuto: su Bianca, come nella tragedia greca per cui le colpe dei padri ricadono sui figli, si riversa il destino abbandonico della madre, che continua a vivere sotto lo stesso tetto con l’uomo che l’ha tradita. Jasmine (Fotinì Peluso) ha visto il padre preferirle la sorella, forse all’inizio l’ha anche odiata, salvo poi scoprire che le somiglia più di quanto fosse disposta a credere. La donna che Bianca incontra facendo l’autostop vive da sola con un figlio disabile: il marito non ha retto il peso delle responsabilità e se n’è andato.
Gli uomini di “Dieci minuti” appaiono dunque deboli, evanescenti. Mentre loro mentono su tutto, «perché possono fingere tutto tranne un’erezione. Ecco perché il sesso li stressa così tanto», le donne guariscono facendo rete, stando insieme. Si aggiustano a vicenda in un abbraccio. Anche Bianca alla fine capirà che «il più grande regalo che si possa fare ad una persona è osservarla, ascoltarla».
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