VISTO DA – “And Just Like That”: l’arte di invecchiare male
Mi sono preso tutto il tempo necessario per esprimermi su “And Just like that” che non è proprio la novità di stagione, ma proprio perché “stagionato”, ho atteso il refrigerio del condizionatore per giudicare a mente fredda quella che secondo me è stata un’occasione mancata di glitterata brillantezza televisiva.
Da fan sfegatato di Sex and the City quale sono sempre stato e sono tutt’ora, mi aspettavo un sequel che mantenesse la stessa freschezza e spirito irriverente della serie originale.
Purtroppo, quello che ho visto è stato un insipido tentativo di riportare in vita le protagoniste, soltanto per lasciarle confinate nelle trappole della menopausa più triste e sconsolata, intrisa come accade dappertutto, di tematiche da stronzetta attivista che nonsu tutte si possono cucire su misura.
La cinica ma patinata assenza di moralità di tutte le serie che mi sono visto e rivisto e che mi riguarderei anche solo per farmela passare, si era già ampiamente annacquata nella trasposizione cinematografica, ma a quello ci siamo abituati, perché è un classico: se funziona la serie il film fa vomitare. E così è stato.
And Just Like That e i personaggi senza evoluzione
Per prima cosa, devo affrontare l’elefante nella stanza: l’evoluzione dei personaggi. O meglio, la mancanza di essa.
Mi ritrovo a chiedermi se le nostre amate Carrie, Charlotte e Miranda siano rimaste bloccate in una sorta di congelamento temporale. Dove sono finite tutte le esperienze e le lezioni apprese durante la loro vivace giovinezza? Sembra che il passare del tempo le abbia rese ancor più ossessionate dall’egoismo e dagli stessi problemi che avrebbero dovuto aver risolto da tempo solo con gli acciacchi e una serie di dilemmi esistenziali di cui io e tutto il pubblico al netto di quelle due o tre stronzette che pure lì ci devono mettere la lenzioncina di vita, avremmo potuto fare a meno.
E che dire delle trame? Sono più scontate di un copione di telenovela a basso budget, se non si considerano i look, che pure in questo caso, vabbeh.
Ho perso il conto delle volte in cui mi sono trovato a pensare “l’ho già visto prima”. Non c’è stata nemmeno una scintilla di originalità o un accenno a una nuova prospettiva.
Ciò che rimane è soltanto un amaro senso di déjà vu, come se i creatori avessero perso la loro verve creativa e avessero preso in prestito quella di un autore di “Che tempo che fa”.
Ma la cosa più addolorante è stata la mancanza di equilibrio tra momenti tristi e leggeri.
Sì, capisco che la vita è fatta di alti e bassi, ma la serie sembra essere rimasta bloccata su una nota deprimente.
Dov’è finita l’ironia scintillante e l’intelligenza che caratterizzavano le avventure di Carrie e delle sue amiche?
È come se l’autore preferisse il melodramma piuttosto che una vena di comicità che avrebbe potuto rendere la serie più divertente e coinvolgente.
And Just Like That è stata un’occasione mancata per abbracciare il cambiamento e il passare del tempo, e per far emergere il meglio dei personaggi.
Invece, siamo stati intrappolati in una versione vecchia e grigia delle nostre amiche glamorose.
Il tempo avrebbe potuto essere il loro alleato, regalando loro ironia, intelligenza e un sex appeal ancora vibrante. Invece, sembra che abbiano abbracciato una deriva piccolo borghese e squallida.
In conclusione, And Just Like That ha deluso i fan di Sex and the City. L’assenza di un’evoluzione dei personaggi, le trame scontate e l’eccessivo dominio di momenti tristi hanno fatto sì che questa serie sia stata un’occasione mancata per riconquistare il cuore del pubblico.
Speriamo che in futuro ci siano progetti che siano all’altezza della grandezza della serie originale, che ci facciano ridere, piangere e sognare come avevamo imparato ad amare.
Se non si capisce che il tempo può essere alleato di ironia, sagacia, spregiudicatezza e comprendonio, in effetti non ha senso di parlare di evoluzione ma di vecchiaia e in questa serie tutto è vecchio, perfino, ormai, le cappe, i capelli, il trucco che si incartapecorisce per renderle la versione agé di quelle che erano.
Ha fatto bene Samantha che prima gliene ha cantate poi si è messa fuori. Se all’annuncio avevo espresso il mio sconcerto, oggi ho capito il perché.
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