Economia

A CONTI FATTI – Europa, giù i calici: vino non se ne beve più

di Giovanni Vasso -


L’Europa ha più di un segreto da nascondere: non c’entrano agenzie e barbe finte ma Charles Baudelaire se è vero quel che ebbe a dire una volta e cioè che chi non beve vino ha qualcosa da celare agli altri. Le previsioni della Commissione Ue parlano di un continente che ha preso un’inedita svolta di sobrietà: il consumo interno calerà dell’un per cento l’anno da ora fino al 2035. Non andrà certo meglio per la produzione che perderà fino a 140 milioni di ettolitri. Con queste premesse, la conseguenza per l’export non potrà che essere serissima: e difatti gli analisti di Bruxelles ritengono che le esportazioni scenderanno dell’1,2 per cento all’anno mentre peggio ancora andrà per quelle dirette ai Paesi extra Ue destinate a calare del 2,7% l’anno. Insomma, una Caporetto. Dettata da alcune ragioni di varia natura. In prima battuta, dai cambiamenti climatici che affliggono le coltivazioni. E, in secondo luogo, dalle nuove abitudini dei consumatori, più attenti alla linea e alla salute e meno inclini a regalarsi momenti d’ebbrezza e leggerezza alcolica.

A tutto carbone

Più che un paradosso sembra una barzelletta: mentre c’è una parte di mondo che, per combattere le emissioni, tassa persino le scorregge delle mucche (Danimarca, per esempio), ce n’è un’altra che continua a bruciare carbone come se non ci fosse un domani. L’Iea, l’agenzia mondiale per l’energia, ha riferito che non se ne è consumato mai tanto quanto quest’anno e che negli ultimi tre decenni il suo utilizzo è addirittura raddoppiato. Per la gioia dei Paesi esportatori come, ad esempio, Australia, Indonesia e Stati Uniti dove, però, il consumo è limitato dall’utilizzo del gas naturale. Energia verde, non pervenuta.

La retromarcia di Ursula

L’auto in Europa è in panne. E questo lo sappiamo da tempo. La notizia è che finalmente se ne sono accorti anche a Bruxelles. E Ursula von der Leyen ha annunciato, pochi giorni prima di Natale, di essere pronta a sedersi a un tavolo, già a gennaio, per rinegoziare gli obblighi (pesanti) imposti alle industrie europee e che adesso rischiano di travolgere. È un segnale importante sul cambiamento che si sta avverando nell’Ue ma le aspettative, però, non vanno oltre l’ennesimo compromesso tra le esigenze dell’economia reale e i desiderata dell’ideologia green.


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