Ambiente

Vietato fumare all’aperto, l’incerta guerra del sindaco Sala

di Angelo Vitale -


Vietato fumare, anche all’aperto. Dal primo gennaio di quest’anno il sindaco di Milano Beppe Sala ha ingaggiato una battaglia al fumo. Multe da 40 a 240 euro per chi viola il divieto di accendere una sigaretta all’aperto, a meno che non ci si trovi ad almeno 10 metri da altre persone. Un divieto che era già esistente da quattro anni in parchi, cimiteri e impianti sportivi, cercando di salvaguardare le continue vittime, talvolta ignare, del fumo passivo. Già anni fa impossibile da far osservare, se qualche studio scientifico era arrivato a rilevare l’inquinamento della nuvola di fumo che si alzava dallo stadio San Siro. Il divieto vale per “tutte le aree pubbliche o ad uso pubblico incluse le aree stradali”, ma non per le sigarette elettroniche, evidenziando il primo paradosso di una norma che aspira a diventare una regola – una strada pericolosa e irta di difficoltà, il tentativo di affermarne in questo modo il buon senso come per tante, anche le più recenti, del Codice della strada e come quella che venti anni fa, come la legge Sirchia, vietò il fumo al chiuso – perché per esempio è stato accertato che quelle “usa e getta” (le cosiddette Puff) da ieri completamente vietate in Belgio, non permettono di scalare il contenuto di nicotina, presente talvolta nel 5%, più del doppio della soglia di legge, e in sali che arrivano più facilmente al cervello favorendo la dipendenza.

Lo vuole l’Europa, si dice. Nel settembre scorso sono state aggiornate raccomandazioni che stavano in piedi dal 2009, una data che la dice lunga su obiettivi ogni volta indicati ma pure sostanzialmente disattesi. Il piano prevede la creazione entro il 2040 di una “generazione libera dal tabacco”, in cui i consumatori di tabacco siano meno del 5% della popolazione rispetto al 25% attuale. Ma nella Ue c’è da fare i conti pure con la potentissima lobby del tabacco. E l’agenda antitabacco Ue ha dovuto prendere nota, nel dicembre del 2023, di un rapporto del Mediatore europeo che criticava la Commissione per non aver rivelato gli incontri con i lobbisti.

Ritornando a Milano, l’assessora all’Ambiente e al Verde Elena Grandi afferma che il fumo di sigaretta rappresenta circa il 7% delle emissioni di polveri sottili in città, secondo i dati di Arpa Lombardia. Un dato che colpisce solo fino al momento in cui poi ci si chiede cosa venga in messo realmente per combattere il restante 93% di quelle polveri sottili che avvelenano il capoluogo e tutta la Pianura Padana.

Un contrasto al fumo all’aperto, comunque, che fa scalpore e che andrà misurato nei suoi concreti effetti sul campo di battaglia, nelle strade, se non ci si limiterà alla pubblicità degli iniziali interventi. Pochi lo sanno ma questo conflitto fu perso perfino, prima della Seconda guerra mondiale, dal Terzo Reich: “il fumo avvelena gli ariani”, recitava una aggressiva campagna nazista, “è la reliquia di uno stile di vita liberale”, “masturbazione polmonare”.

Alla ricerca di una regola di buon senso che non abbia bisogno dei divieti per affermarsi potrebbe forse valere la notizia di uno studio condotto dall’University College di Londra e pubblicato sulla rivista Addiction. Ogni sigaretta fumata – dice la ricerca – può ridurre di circa 20 minuti l’aspettativa di vita complessiva. Nel dettaglio gli scienziati britannici, dopo aver tenuto conto dello status socioeconomico e di altri fattori, hanno stimato la perdita di aspettativa di vita per sigaretta in circa 17 minuti per gli uomini e 22 per le donne. Significa che se qualcuno fuma un pacchetto di 20 sigarette al giorno, “20 sigarette fumate per 20 minuti equivalgono a quasi sette ore di vita perse per pacchetto”, afferma Sarah Jackson, autrice principale dello studio. Dagli studi è emerso che, in media, le persone che hanno fumato per tutta la vita hanno perso circa 10 anni di vita rispetto alle persone che non hanno mai fumato.


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