Viaggio nelle inchieste di Ranucci: a Benevento presentata “La Scelta” (VIDEO)
“Il nostro Paese è un Paese malato, abituato oramai a considerare la patologia come normalità, è per questo che abbiamo bisogno di colleghi della stampa locale perché sono gli anticorpi periferici che devono intercettare il male prima che divori il Paese”, così l’autore e conduttore di Report, nonché vicedirettore di RAI3, Sigfrido Ranucci, in un’intervista rilasciata a L’identità in occasione della presentazione del suo ultimo libro “La Scelta” edito da Bompiani Overlook.
L’evento, organizzato dall’associazione ‘Altrabenevento’ e moderato da Gabriele Corona rappresentante della stessa associazione sannita, si è tuttavia trasformato in una vera e propria Lectio Magistralis che il giornalista romano ha tenuto al cospetto di una straripante aula magna, presso l’università Giustino Fortunato di Benevento, coinvolta a tal punto da rendere necessaria nel corso dello stesso evento, una nuova fornitura di copie del libro, essendo andate esaurite tutte quelle disponibili, cosa che poi è avvenuta.
Un testo avvincente, quello di Ranucci, in cui l’autore, per la prima volta, ripercorre aneddoti e retroscena delle svariate e scottanti inchieste condotte nel corso dei suoi 35 anni di carriera, tra cui quella sulle armi vietate a Falluja, in virtù della quale la neonata testata Rainews24 fece registrare in poche ore 5 milioni di visualizzazioni, quella sul Covid e Big Pharma, sulla magistratura, sul traffico di armi e diversi scandali non solo italiani e ancora, sul crac Parmalat di Tanzi, su Renzi, su Tosi, all’epoca sindaco di Verona e per cui ha collezionato ben 19 querele e altri politici. Sotto scorta dal 2021, Ranucci, ha infatti tenuto a sottolineare che la libertà di stampa è un diritto da tutelare ad ogni costo, un bene comune ed inalienabile per il quale vale la pena svolgere il mestiere di cronista, sebbene vi siano, a volte, scelte difficili da fare: “La cosa che temo di più è l’indifferenza o l’incapacità delle persone di indignarsi e l’inadeguatezza a lavorare per il bene comune. Oramai da 35 anni faccio questo mestiere e forse ho anche fatto il callo a minacce e ritorsioni ipotetiche, però, credo che vi sia un valore inalienabile dell’uomo, ovvero quello della libertà di informazione che deve essere tutelato. Ho fatto questo libro solo per dimostrare che è possibile farlo, che il prezzo da pagare è alto, ma vale la pena farlo”.
Nel corso dell’intervista, Ranucci ha posto l’accento sul recente Rapporto Ossigeno, uscito in occasione dell’anniversario della morte in Somalia, rimasta ancora senza verità e giustizia, della reporter di Rai3 Ilaria Alpi, inviata di guerra insieme al collega Rovatin, anch’egli assassinato nella stessa misteriosa circostanza “Ricordo che in Italia abbiamo il record mondiale di giornalisti uccisi per il proprio lavoro, in Europa sono morti 5 giornalisti italiani, tra cui Dafne Caruana Galizia, che indagavano sui rapporti tra criminalità organizzata e politica e, ancora oggi a distanza di anni non sono stati trovati i colpevoli”.
Ma ancora, in tema di minacce, l’autore e conduttore di Report, sempre in riferimento al citato rapporto Ossigeno, ricorda che in Italia ci sono 516 giornalisti minacciati, di cui 270 sono sotto tutela e 22 sotto scorta, tra cui appunto, egli stesso, che nel corso della sua carriera è stato oggetto di 176 querele e precisa che “In Italia, abbiamo il record mondiale di giornalisti denunciati dai politici, se io riesco a fare determinate inchieste è perché sono consapevole di avere alla spalle una grande aziendacome la Rai”.
Ma, la sua narrazione professionale, nel corso dell’evento, così come nel libro inevitabilmente s’intreccia con quella personale, come quando il giornalista ricorda il suo maestro Roberto Morrione, fondatore di Rai News 24, o figure che lo hanno accompagnato nel corso della sua carriera, come Milena Gabbanelli ed il compianto Franco Di Mare, e soprattutto suo padre, colui che ha forgiato nel giornalista la capacità di portare fino in fondo ogni scelta “perché fare giornalismo sul campo significa prendere decisioni che cambiano per sempre il corso delle cose, in senso intimo e collettivo”.
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