Vandalizzata la foiba di Basovizza, Meloni: “Offesa tutta la nazione”
Vandalizzata la foiba di Basovizza proprio alla vigilia del giorno del ricordo. Spunta una scritta inquietante in lingua slava: “Trst je nas”, Trieste è nostra, uno dei motti titini all’epoca della fine della Seconda guerra mondiale, e “Trieste è un pozzo”. Un atto inaccettabile che arroventa il clima politico e istituzionale. Aperta un’indagine: sul posto gli uomini della Digos della Questura triestina mentre le forze dell’ordine, dopo tutti i rilievi del caso, hanno iniziato a coordinare i lavori per la rimozione delle scritte. Ma il caso ha aperto la cataratta della polemica, delle reazioni veementi, dello scontro e della condanna allo sfregio della memoria proprio in un luogo, come la foiba di Basovizza, dove si registrarono atrocità. Il presidente del Senato Ignazio La Russa ha condannato l’episodio chiedendo rigore e punizioni esemplari per i responsabili: “Il vile sfregio alla Foiba di Basovizza è un atto inaccettabile, un’offesa alla memoria e al dolore di un’intera comunità alla quale rivolgiamo un forte abbraccio. Vandalizzare in questo modo un luogo simbolo della tragedia delle Foibe e farlo a ridosso del Giorno del Ricordo non è solo una vergognosa provocazione ma un gesto di inaudita gravità che non può e non deve restare impunito”.
La Russa ha quindi espresso solidarietà “forte e sincera alle famiglie delle vittime e a coloro che, giorno dopo giorno, continuano a difendere la verità storica di questa immane tragedia dall’odio, l’ignoranza e il negazionismo”.
Anche il presidente della Camera, Lorenzo Fontana, ha deplorato la profanazione di un luogo simbolo della memoria: “Lo sfregio compiuto a Basovizza è un atto grave e intollerabile che offende profondamente la memoria storica del nostro Paese e, ancor più, le vittime delle foibe. Proprio nell’imminenza del Giorno del Ricordo, questo gesto è un oltraggio alla sofferenza di chi ha vissuto quel dramma”. Pertanto Fontana ha aggiunto: “Esprimo la mia ferma condanna per le ignobili scritte e rivolgo un pensiero di profonda vicinanza a tutti coloro che portano ancora oggi il peso di quella tragedia, agli esuli e ai loro familiari. La memoria e il rispetto devono essere pilastri irrinunciabili del nostro vivere civile”.
Duro il commento della premier Giorgia Meloni che, sui social, scrive: “La Foiba di Basovizza è un luogo sacro, un monumento nazionale, da onorare con il silenzio e con la preghiera. Oltraggiare Basovizza, per di più con scritte ripugnanti che richiamano a pagine drammatiche della nostra storia, non vuol dire solo calpestare la memoria dei martiri delle foibe ma significa oltraggiare la Nazione intera. Ciò che è accaduto è un atto di gravità inaudita, che non può restare impunito”.
Il senatore Roberto Menia, triestino, ha tuonato contro il clima negazionista: “Non denunciavo a caso che si stesse avvelenando il clima verso – e soprattutto contro – il Giorno del Ricordo dei martiri delle foibe e dell’esodo giuliano dalmata. Dopo giorni di dichiarazioni negazioniste, dileggi gratuiti e lapidi divelte, ora si è colpita la foiba di Basovizza, monumento nazionale, insozzata e violentata di scritte oscene e ributtanti tra le quali spicca il motto slavo Trst je naš, cioè Trieste è nostra, quello che usavano i titini ottanta anni fa, quando occuparono la città e la proclamarono annessa alla Jugoslavia seminando morte e terrore. Basovizza non è solo un monumento di pietre e ferro. È una grande tomba, cinquecento metri cubi di cadaveri, di fronte ai quali ci può essere solo pianto, silenzio e rispetto”. La lezione di Roberto Menia: “Il rispetto dei morti segna il corso di una civiltà e la nostra tradizione, italiana e cristiana, ci ha insegnato la Pietas: chi non la riconosce è un barbaro sprofondato nell’abisso della vergogna e dell’odio. Singolare che ciò avvenga nello stesso mattino in cui si celebrano Gorizia-Nova Gorica, capitale europea della cultura alla presenza dei Presidenti della Repubblica italiana e slovena. Come Trieste, anche Gorizia, fu sottoposta all’orda sanguinaria titina nel maggio-giugno del 1945: chissà se, di fronte al monte Sabotino che domina le città e su cui oggi, non ottanta anni fa, è ancora scritto a caratteri cubitali Tito, si troverà lo spazio per condannare l’incultura, l’inciviltà e la ripugnanza dell’atto di Basovizza”.
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