Uss e la guerra degli 007
La fuga di Artem Uss ha creato una frattura tra i nostri servizi segreti e le più importanti intelligence del mondo occidentale: quella americana e quella inglese. E, di conseguenza, ha incrinato i rapporti perfino con il Mossad, il servizio segreto più potente del pianeta. L’indignazione è dovuta al fatto che gli 007 italiani non solo hanno permesso al Cremlino di agire indisturbato nell’incredibile operazione di esfiltrazione del trafficante d’armi tanto caro a Vladimir Putin, ma il fastidio degli omologhi americani e inglesi è aumentato di fronte all’atteggiamento del controspionaggio italiano, il quale, allo scandalo scoppiato con la fuga del russo, ha messo in atto un sistema di distrazione di massa per scaricare le responsabilità sul governo, fornendo alla premier Giorgia Meloni la versione errata di come l’intelligence non fosse stata informata della presenza dell’uomo di Putin sul nostro territorio e lasciando deflagrare lo scontro istituzionale tra la Procura di Milano, rea di aver concesso i domiciliari con braccialetto elettronico a Uss, e il Guardasigilli Carlo Nordio, finito nel tritacarne mediatico pur non avendo alcuna competenza sul caso.
Perché, per quanto i profani possano bersi la storia, convinti che la vicenda dell’esfiltrazione si sia ormai esaurita con qualche strascico diplomatico e con un’indagine in corso sulle modalità della fuga, a nulla valgono per le spie statunitensi e inglesi le scuse accampate dagli italiani riguardo al mancato alert sulla presenza di Uss in Italia, versione che lo stesso capo del Dis, Elisabetta Belloni, ha propinato a Giorgia Meloni. A parte il fatto che indicare come causa della fuga del trafficante d’armi russo il mancato alert ai servizi segreti delle forze di polizia giudiziaria aggrava ancora più la posizione dell’intelligence italiana rispetto al governo e al presidente del Consiglio. Escludendo perfino le circostanze propizie che l’arresto di Uss ha creato a livello mediatico, visto che la sua cattura avvenuta il 17 ottobre scorso a Malpensa era finita su tutti i giornali nazionali e internazionali, con tanto di descrizione delle gesta del soggetto e del calibro criminale del russo ricercato dagli americani, per cui gli 007 italiani avrebbero dovuto “vincere facile” nell’individuare la spia russa sul suolo italico. Resta un punto fermo a causa del quale l’intelligence Usa e gli agenti segreti della Corona sono in rotta di collisione con il nostro servizio di sicurezza nazionale: conoscono le procedure e il modus operandi, perché fanno lo stesso lavoro. E non intendono tollerare oltre le ombre che la versione dei fatti elaborata ad arte dai vertici della nostra intelligence ha addensato sugli omologhi americani e britannici, accusati velatamente di non aver condiviso il dossier su Artem Uss. Cosa che, fondamentalmente, non erano obbligati a fare, perché è compito del controspionaggio italiano individuare i potenziali soggetti sul suolo nazionale che possano rappresentare un pericolo per la sicurezza del nostro Paese.
E infatti alcuni autorevoli politici tornati di recente alla ribalta hanno definito il ruolo avuto dal controspionaggio italiano nella vicenda Uss come una totale débâcle. Inoltre non è verosimile, anzi sarebbe vero proprio il contrario secondo fonti autorevoli, che nessun componente degli uffici periferici preposti al controspionaggio non abbia trasmesso al proprio “centrale”, dopo la lettura dei quotidiani che riportavano l’arresto di Uss e i crimini contestati al russo, una velina con l’alert sul soggetto da attenzionare al più presto possibile. Un messaggio di allerta che, qualora esista, è stato totalmente ignorato o comunque sottovalutato. E l’operazione di esfiltrazione di Artem Uss è stata così agevolata dall’immobilismo dei servizi segreti italiani, ormai privi di credibilità nelle altre cancellerie europee e internazionali, soprattutto a seguito di alcuni accadimenti legati a ombre russe che stanno creando una serie di sospetti sulla professionalità, e perfino sulla fedeltà, di alcuni 007 nostrani.
D’altronde è sotto gli occhi di tutti quanto il nostro controspionaggio abbia fallito nella sua “missione” di controllo, osservazione e reclutamento di fonti umane che avrebbero potuto impedire il piano perfetto escogitato dal servizio segreto militare russo, il Gru, sul nostro territorio senza la minima reazione da parte dell’intelligence italiana. Non è la prima volta che gli 007 russi penetrano nei gangli vitali della nostra sicurezza per portare a termine operazioni sofisticate con l’ausilio dell’incompetenza italiana. Basta menzionare l’episodio di spionaggio che abbiamo subito da Mosca nel caso di Walter Biot e il vulnus che ha creato alla sicurezza Nato, con la conseguenza di un calo di fiducia del presidente degli Stati Uniti Joe Biden nell’operato dell’intelligence italiana. Una diffidenza che si protrae ormai da tempo e che continua a manifestarsi nell’atteggiamento della Casa Bianca che accenna a designare il proprio ambasciatore nella sede di via Veneto. Di pari passo l’intelligence Usa presente nell’ambasciata a Roma è stanca di continui rimpalli e pressappochismi che i nostri servizi di sicurezza continuano a dimostrare a livello internazionale.
Ironia della sorte spetta ancora alla mancata presidente della Repubblica Belloni correre nelle cancellerie di alcuni politici italiani per giustificare l’assenza di responsabilità del controspionaggio, cioè del suo comparto di intelligence, nella vicenda Uss. C’è poco da giustificare, soprattutto a chi conosce le pratiche delle spie. Il piano di esfiltrazione di Uss si è potuto realizzare perché il Cremlino è ben consapevole di non avere ormai alcun tipo di contrasto effettivo alle operazioni dello Zar, in quanto, nella pratica, in Italia è possibile reclutare persone degli apparati di sicurezza ed esfiltrare spie attraverso fonti russe ingaggiate in Serbia. E la responsabile Belloni vuole convincere il governo e il Paese di non essere stata avvisata di questo tipo di piano che poggiava esclusivamente sull’incapacità e incompetenza della nostra intelligence? Generalmente le spie, quando operano, non avvisano mai anticipatamente, perché non sono dei diplomatici che comunicano quando arrivano nelle sedi e quando se ne vanno, al termine delle loro trasferte. La funzione dell’intelligence in tutti i Paesi democratici non è quella di essere subordinati agli input delle altre potenze, ma avere quell’iniziativa, appunto, del controspionaggio, che mette in condizione l’Italia di essere ritenuta credibile agli occhi di Washington e, di conseguenza, in grado di poter gestire l’imprenditore spia che triangolava materiale bellico da far giungere a Mosca, tanto caro agli Usa anche perché avrebbero voluto scambiarlo con il giornalista del Wall Street Journal Evan Gershkovich, arrestato per spionaggio da Putin. Le nostre agenzie di sicurezza nazionale hanno il dovere di acquisire informazioni idonee a sviluppare indagini delicate per poi informare il governo e l’autorità giudiziaria. Nel caso Uss l’intelligence italiana avrebbe dovuto chiedere al procuratore generale di intercettare computer, cellulari e controllare la villa di Basiglio dove il trafficante d’armi era stato costretto ai domiciliari. Va da sé che la spia russa avrà parlato e incontrato il gruppo di agenti che lo hanno esfiltrato, in modo da organizzare nei minimi dettagli l’operazione. Sarebbe bastato piazzare un paio di persone intorno al perimetro della villa per identificare tutti i contatti che Artem Uss ha ricevuto nella sua abitazione e ricostruire così il giro di spie russe. Eppure nulla è stato fatto dai nostri servizi segreti, nonostante il calibro di Uss e gli alert sul rischio elevato di fuga lanciati dagli Usa.
Più che gli accertamenti di Nordio, sarebbe interessante sapere se il Copasir abbia disposto un’ispezione per verificare se agli atti dell’intelligence italiana risulta qualche documento che comprovi l’ipotesi che gli 007 erano stati avvisati di Uss, al contrario di quanto dice Elisabetta Belloni. E di quanto il capo del Dis ha fatto dire al premier Meloni, la quale si è vista improvvisamente posticipare la visita attesa da tempo alla Casa Bianca. E ancora: il 16 febbraio 2022 il quotidiano Domani titolava “Dossier e cimici, così il Vaticano ha chiesto aiuto ai servizi segreti italiani”. Nell’articolo vengono citati due alti dirigenti dell’Aisi, che sollecitati avrebbero incontrato il sostituto Peña Parra. E se la circostanza fa il paio con le scuse della Belloni nella storia di Artem Uss, si potrebbe pensare che ormai la nostra intelligence funziona solo a chiamata. Sulla base della lunga scia di gaffe istituzionali, l’Italia si sta giocando i rapporti di amicizia e collaborazione che riguardano la sicurezza in Europa, Medio Oriente e soprattutto in Africa.
Un altro errore che viene addebitato ai nostri 007, infatti, è l’aiuto offerto al generale sudanese Mohamed Dagalo, leader del Rapid Support Forces, per arginare l’arrivo dei migranti sulle nostre coste. Il gruppo paramilitare di Dagalo, formato da terroristi e tagliagole, è stato equipaggiato e addestrato da funzionari dello Stato italiano e da nostri agenti segreti. Il tutto mentre gli uomini del generale facevano il doppio gioco, alleandosi con la Brigata Wagner, ovvero con i russi al soldo di Putin, senza che gli 007 nostrani se ne accorgessero. E ora in Africa gli italiani sono stati del tutto sostituiti dai turchi e dai russi, oltre che dai cinesi. Il presidente del Consiglio, dunque, dovrebbe chiedere ai vertici dei servizi segreti il motivo di tanta distrazione, non solo nei confini nazionali, ma perfino nella polveriera africana, il continente in grado di destabilizzare il mondo. Dove l’Italia ormai non c’è più.
Perché, per quanto i profani possano bersi la storia, convinti che la vicenda dell’esfiltrazione si sia ormai esaurita con qualche strascico diplomatico e con un’indagine in corso sulle modalità della fuga, a nulla valgono per le spie statunitensi e inglesi le scuse accampate dagli italiani riguardo al mancato alert sulla presenza di Uss in Italia, versione che lo stesso capo del Dis, Elisabetta Belloni, ha propinato a Giorgia Meloni. A parte il fatto che indicare come causa della fuga del trafficante d’armi russo il mancato alert ai servizi segreti delle forze di polizia giudiziaria aggrava ancora più la posizione dell’intelligence italiana rispetto al governo e al presidente del Consiglio. Escludendo perfino le circostanze propizie che l’arresto di Uss ha creato a livello mediatico, visto che la sua cattura avvenuta il 17 ottobre scorso a Malpensa era finita su tutti i giornali nazionali e internazionali, con tanto di descrizione delle gesta del soggetto e del calibro criminale del russo ricercato dagli americani, per cui gli 007 italiani avrebbero dovuto “vincere facile” nell’individuare la spia russa sul suolo italico. Resta un punto fermo a causa del quale l’intelligence Usa e gli agenti segreti della Corona sono in rotta di collisione con il nostro servizio di sicurezza nazionale: conoscono le procedure e il modus operandi, perché fanno lo stesso lavoro. E non intendono tollerare oltre le ombre che la versione dei fatti elaborata ad arte dai vertici della nostra intelligence ha addensato sugli omologhi americani e britannici, accusati velatamente di non aver condiviso il dossier su Artem Uss. Cosa che, fondamentalmente, non erano obbligati a fare, perché è compito del controspionaggio italiano individuare i potenziali soggetti sul suolo nazionale che possano rappresentare un pericolo per la sicurezza del nostro Paese.
E infatti alcuni autorevoli politici tornati di recente alla ribalta hanno definito il ruolo avuto dal controspionaggio italiano nella vicenda Uss come una totale débâcle. Inoltre non è verosimile, anzi sarebbe vero proprio il contrario secondo fonti autorevoli, che nessun componente degli uffici periferici preposti al controspionaggio non abbia trasmesso al proprio “centrale”, dopo la lettura dei quotidiani che riportavano l’arresto di Uss e i crimini contestati al russo, una velina con l’alert sul soggetto da attenzionare al più presto possibile. Un messaggio di allerta che, qualora esista, è stato totalmente ignorato o comunque sottovalutato. E l’operazione di esfiltrazione di Artem Uss è stata così agevolata dall’immobilismo dei servizi segreti italiani, ormai privi di credibilità nelle altre cancellerie europee e internazionali, soprattutto a seguito di alcuni accadimenti legati a ombre russe che stanno creando una serie di sospetti sulla professionalità, e perfino sulla fedeltà, di alcuni 007 nostrani.
D’altronde è sotto gli occhi di tutti quanto il nostro controspionaggio abbia fallito nella sua “missione” di controllo, osservazione e reclutamento di fonti umane che avrebbero potuto impedire il piano perfetto escogitato dal servizio segreto militare russo, il Gru, sul nostro territorio senza la minima reazione da parte dell’intelligence italiana. Non è la prima volta che gli 007 russi penetrano nei gangli vitali della nostra sicurezza per portare a termine operazioni sofisticate con l’ausilio dell’incompetenza italiana. Basta menzionare l’episodio di spionaggio che abbiamo subito da Mosca nel caso di Walter Biot e il vulnus che ha creato alla sicurezza Nato, con la conseguenza di un calo di fiducia del presidente degli Stati Uniti Joe Biden nell’operato dell’intelligence italiana. Una diffidenza che si protrae ormai da tempo e che continua a manifestarsi nell’atteggiamento della Casa Bianca che accenna a designare il proprio ambasciatore nella sede di via Veneto. Di pari passo l’intelligence Usa presente nell’ambasciata a Roma è stanca di continui rimpalli e pressappochismi che i nostri servizi di sicurezza continuano a dimostrare a livello internazionale.
Ironia della sorte spetta ancora alla mancata presidente della Repubblica Belloni correre nelle cancellerie di alcuni politici italiani per giustificare l’assenza di responsabilità del controspionaggio, cioè del suo comparto di intelligence, nella vicenda Uss. C’è poco da giustificare, soprattutto a chi conosce le pratiche delle spie. Il piano di esfiltrazione di Uss si è potuto realizzare perché il Cremlino è ben consapevole di non avere ormai alcun tipo di contrasto effettivo alle operazioni dello Zar, in quanto, nella pratica, in Italia è possibile reclutare persone degli apparati di sicurezza ed esfiltrare spie attraverso fonti russe ingaggiate in Serbia. E la responsabile Belloni vuole convincere il governo e il Paese di non essere stata avvisata di questo tipo di piano che poggiava esclusivamente sull’incapacità e incompetenza della nostra intelligence? Generalmente le spie, quando operano, non avvisano mai anticipatamente, perché non sono dei diplomatici che comunicano quando arrivano nelle sedi e quando se ne vanno, al termine delle loro trasferte. La funzione dell’intelligence in tutti i Paesi democratici non è quella di essere subordinati agli input delle altre potenze, ma avere quell’iniziativa, appunto, del controspionaggio, che mette in condizione l’Italia di essere ritenuta credibile agli occhi di Washington e, di conseguenza, in grado di poter gestire l’imprenditore spia che triangolava materiale bellico da far giungere a Mosca, tanto caro agli Usa anche perché avrebbero voluto scambiarlo con il giornalista del Wall Street Journal Evan Gershkovich, arrestato per spionaggio da Putin. Le nostre agenzie di sicurezza nazionale hanno il dovere di acquisire informazioni idonee a sviluppare indagini delicate per poi informare il governo e l’autorità giudiziaria. Nel caso Uss l’intelligence italiana avrebbe dovuto chiedere al procuratore generale di intercettare computer, cellulari e controllare la villa di Basiglio dove il trafficante d’armi era stato costretto ai domiciliari. Va da sé che la spia russa avrà parlato e incontrato il gruppo di agenti che lo hanno esfiltrato, in modo da organizzare nei minimi dettagli l’operazione. Sarebbe bastato piazzare un paio di persone intorno al perimetro della villa per identificare tutti i contatti che Artem Uss ha ricevuto nella sua abitazione e ricostruire così il giro di spie russe. Eppure nulla è stato fatto dai nostri servizi segreti, nonostante il calibro di Uss e gli alert sul rischio elevato di fuga lanciati dagli Usa.
Più che gli accertamenti di Nordio, sarebbe interessante sapere se il Copasir abbia disposto un’ispezione per verificare se agli atti dell’intelligence italiana risulta qualche documento che comprovi l’ipotesi che gli 007 erano stati avvisati di Uss, al contrario di quanto dice Elisabetta Belloni. E di quanto il capo del Dis ha fatto dire al premier Meloni, la quale si è vista improvvisamente posticipare la visita attesa da tempo alla Casa Bianca. E ancora: il 16 febbraio 2022 il quotidiano Domani titolava “Dossier e cimici, così il Vaticano ha chiesto aiuto ai servizi segreti italiani”. Nell’articolo vengono citati due alti dirigenti dell’Aisi, che sollecitati avrebbero incontrato il sostituto Peña Parra. E se la circostanza fa il paio con le scuse della Belloni nella storia di Artem Uss, si potrebbe pensare che ormai la nostra intelligence funziona solo a chiamata. Sulla base della lunga scia di gaffe istituzionali, l’Italia si sta giocando i rapporti di amicizia e collaborazione che riguardano la sicurezza in Europa, Medio Oriente e soprattutto in Africa.
Un altro errore che viene addebitato ai nostri 007, infatti, è l’aiuto offerto al generale sudanese Mohamed Dagalo, leader del Rapid Support Forces, per arginare l’arrivo dei migranti sulle nostre coste. Il gruppo paramilitare di Dagalo, formato da terroristi e tagliagole, è stato equipaggiato e addestrato da funzionari dello Stato italiano e da nostri agenti segreti. Il tutto mentre gli uomini del generale facevano il doppio gioco, alleandosi con la Brigata Wagner, ovvero con i russi al soldo di Putin, senza che gli 007 nostrani se ne accorgessero. E ora in Africa gli italiani sono stati del tutto sostituiti dai turchi e dai russi, oltre che dai cinesi. Il presidente del Consiglio, dunque, dovrebbe chiedere ai vertici dei servizi segreti il motivo di tanta distrazione, non solo nei confini nazionali, ma perfino nella polveriera africana, il continente in grado di destabilizzare il mondo. Dove l’Italia ormai non c’è più.
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