“La Libia non è un porto sicuro”. Così la ong Mediterranea in un post sui social sottolineando come “la Corte di Cassazione ha confermato la condanna definitiva del comandante della nave Asso28 che il 30 luglio 2018 soccorse 101 persone in pericolo nel Mediterraneo centrale e le riportò in Libia da dove stavano fuggendo. La sentenza della Corte di Cassazione sul caso Asso28 stabilisce che consegnare le persone migranti alla cosiddetta guardia costiera libica è un reato”.
A pochi giorni da quello che era stato letto come un assist alla manovra del governo sui migranti – “trattenimenti legittimi e conformi alla legge”, il parere della Procura generale di Cassazione espressa davanti alle Sezioni Unite civili chiamate a vagliare dieci ricorsi del ministero dell’Interno contro le ordinanze con cui il tribunale di Catania non aveva convalidato i trattenimenti di alcuni migranti tunisini a Pozzallo così come deciso dalla questura di Ragusa – una sentenza che rinfocola le polemiche delle ong contro il governo. Insorgono Sos Mediterranee, Sea Whatch e Open Arms.
“Ora ci dovranno spiegare perché la nostra nave, la Open Arms – dice la presidente Veronica Alfonsi – , è stata fermata e multata per aver “intralciato” un presunto soccorso da parte dei libici e anche il ministro Piantedosi, che ieri a Palermo ha ribadito l’importanza del ruolo che hanno i libici, rivendicando l’aiuto economico e di addestramento dato da Europa e Italia, dovrà chiarire come può un Paese democratico continuare a finanziare milizie armate e rispettare la sua Costituzione”. Per lei quella della Cassazione è “una sentenza importantissima”.
“Stabilisce che la Libia non è un porto sicuro e che riconsegnare le persone alla cosiddetta Guardia costiera libica costituisce un reato – sottolinea Alfonsi -. Si tratta, infatti, di un respingimento, vietato dalla Convenzione di Ginevra”. La presidente di Open Arms Italia assicura: “Noi andiamo avanti fiduciosi, la legge continua a essere dalla nostra parte. Difendere la vita dei più vulnerabili non è una scelta, è un obbligo morale e giuridico e dovrebbe esserlo ancora di più per i ministri del nostro governo”.