Un Nobel contro la guerra nucleare
Mai fu più azzeccato come quest’anno il premio Nobel per la pace: in questi tempi di rischio continuo di escalation, con lo spettro della minaccia nucleare agitato a ogni piè sospinto, torna pericolosamente attuale il tabù dell’apocalisse atomica. Se da una parte si teme che a usare quei missili siano i nemici dell’Occidente, dall’altra c’è chi non esclude che a usarli possano essere proprio i “buoni”.
“Quel tabù oggi è sotto pressione. Una guerra nucleare potrebbe semplicemente distruggere la nostra civiltà”, ha detto Joergen Watne Frydnes, presidente del Comitato norvegese per il Nobel, che ha assegnato il premio per la pace all’associazione giapponese Nihon Hidankyo. Si tratta del movimento che riunisce i sopravvissuti alle bombe atomiche, sganciate dall’esercito americano su Hiroshima (6 agosto del 1945) e su Nagasaki (9 agosto), causando almeno 210mila vittime. L’associazione è stata premiata “per gli sforzi fatti per realizzare un mondo libero dalle armi nucleari e per aver dimostrato attraverso le testimonianze che le armi nucleari non devono mai più essere utilizzate”. Per il Comitato norvegese, Nihon Hidankyo – che in passato è stata più volte candidata al premio – ci aiuta “a descrivere l’indescrivibile, a pensare l’impensabile e in qualche modo a comprendere l’incomprensibile dolore causato dalle armi nucleari”. La scelta di quest’anno è stata anche oggetto di critiche.
Oslo ha valutato ben 286 candidati, di cui 197 individui e 89 organizzazioni, prima di assegnare l’importante riconoscimento. Ebbene, c’è chi ha sottolineato che il Comitato, con una scelta definita “neutra”, abbia preferito non “impelagarsi” nei conflitti in corso, proprio nei giorni in cui anche la missione Onu in Libano venica attaccata da Israele o il presidente ucraino Zelensky era in giro a presentare il suo fantomatico piano per la vittoria. Più che neutra, l’assegnazione del Nobel della pace ai sopravvissuti alle atomiche Usa è una presa di posizione su quanto l’Occidente dovrebbe essere neutrale. E dovrebbe promuovere la pace nel mondo, non la guerra. Come nel caso della Nato al fianco di Zelensky contro la Russia. Peraltro, per assurdo, il leader ucraino pare figurasse tra i papabili per lo stesso Nobel (in stile Obama, per intenderci). Il nostro auspicio è che la testimonianza fondamentale, dirimente di Nihon Hidankyo (che in giapponese significa all’incirca rifugio antiaereo in una zona colpita), suggellata, conclamata dal Nobel per la pace, sia un monito per tutti. A partire dall’Occidente, che per difendere il suo modello di (liberal)democrazia anche in contesti geopolitici non proprio ideali talvolta alimenta pericolosamente i conflitti invece di scongiurarli.
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