Un mondo a colori dove l’azzurro Europa è sempre più sbiadito
Da oggi L’identità torna tutta a colori su carta di alta qualità, migliorando la stampa in ogni dettaglio. Questa è una notizia bella per i lettori de L’identità cartacea ed un punto d’orgoglio per noi che il giornale lo facciamo ogni giorno pensando a chi ci legge e chi ci compra, tentando di trasferire nei nostri contenuti il profondo rispetto che nutriamo per chi sceglie di seguirci. Far crescere L’identità è una sfida quotidiana, e benché oggi sia più semplice leggere gli articoli online, sullo smartphone o il PC, noi crediamo ancora tantissimo al valore del quotidiano cartaceo, alla bellezza di tenerlo in mano ed anche alla sua funzione sociale (chi qui scrive ha nostalgia dei bar dove venivano inseriti i quotidiani fra stecche di legno per aiutare la clientela a sfogliarli), in un periodo in cui va troppo di moda l’isolarsi l’un dall’altro. E se L’identità ha di nuovo tutti i colori, sembra oggi terribilmente sbiadito, sullo scacchiere internazionale, quel bel blu che punteggiato da stelle giallo-oro rappresenta l’Unione Europea. Ed era un volto di ragazza tutto tinto di quel blu intenso, l’immagine con la quale è stata lanciata la manifestazione pro-Europa dal giornalista e autore televisivo Michele Serra, oggi in forza a Repubblica. Ha un che di commovente, se vogliamo, l’appello lanciato da Serra con la modestia che gli è propria da qualche lustro, quasi fosse un anziano saggio che, ritiratosi su una montagna, chiede a chi ancora sta giocando la partita del futuro di fare attenzione. Ed è interessante l’adesione numerosa e con entusiasmo multipartisan, da parte di Carlo Calenda, Gianfranco Fini, il sindaco di centrodestra di Palermo Lagalla, quella di Firenze Funaro del PD, e così via. Si è finalmente, capito che l’Europa non conta più niente, che Trump l’ha scavalcata a piè pari, che forse si è sottovalutata la disaffezione dei nostri concittadini verso questa istituzione distante ma dominante? Perché l’Europa, la grande Europa, l’Europa unita, l’Europa che ci salverà, l’Europa che tiene lontana la guerra, l’Europa che ci tiene in piedi, l’Europa che ce lo chiede è da decenni distantissima dalla gente e vicinissima a circoli ristretti e giri di potere sempre più autoreferenziali. A leggere commenti, intenti e atteggiamenti, si nota subito il rischio che anche questa grande manifestazione (ma grande davvero sarà?) possa rimanere un esercizio sterile, un cantarsela e suonarsela da parte di un gruppo (in questo caso molto ampio, e non per forza caratterizzato politicamente) che gestisce perfettamente le proprie questioni, che detta l’agenda, che fa i titoli dei giornali più importanti ed imperversa in TV (tutti che si invitano a vicenda, che meraviglia!), ma che ha creato una distanza fra sé e il popolo che ogni giorno, ogni ora, ogni minuto diventa più vasta e apparentemente incolmabile. Trump, con la sua innegabile arroganza che qui abbiamo severamente stigmatizzato, ha saputo creare una connessione col suo popolo. In Italia nell’ultimo trentennio ci sono riusciti in pochissimi: Berlusconi, più di tutti quanto a durata di quel rapporto, e poi – per periodi piuttosto brevi – Renzi, Grillo, Salvini e oggi Meloni. Insieme a loro un nugolo vastissimo di giornalisti, opinion leader, presentatori, portaborse e aspiranti tali, pronti a glorificare il loro prescelto. Il popolo mai, il popolo sempre tenuto ai margini. E oggi, che l’Europa arranca e dimostra una debolezza senza precedenti, il 15 marzo sarà l’ennesima riunione gruppettar elitaria o l’inizio di un nuovo rapportarsi con i cittadini, quelli veri?
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