Un Manifesto contro la ritirata dei ghiacciai
Sono ghiacciai condannati a sparire, che siano italiani, austriaci o svizzeri. Sono accomunati dall’essere da tempo divenuti bersaglio dei cambiamenti climatici. Le loro fronti glaciali arretrano, le perdite di volume sono sempre più consistenti. I ghiacciai dell’intero arco alpino, dall’Italia all’Austria e fino alla Svizzera, sono a rischio. Perciò, la Carovana 2023 di Legambiente, che lancia il Manifesto per una governance dei Ghiacciai, auspicando che la messa in campo di azioni a livello internazionale possano generare una nuova governance, comprendendo in essa tutte le risorse idriche. Nella convinzione e consapevolezza del loro ruolo di risorsa che fornisce importanti servizi ecosistemici la cui riduzione o scomparsa causa gravi conseguenze sulla pubblica sicurezza, l’economia e l’ambiente.
Senza confini è la “malattia” che aggredisce tutti i “giganti bianchi”. Dal Ghiacciaio del Rutor in Valle d’Aosta che dal 1865 ad oggi ha perso superficie per 4 chilometri quadri di cui 1,5 negli ultimi 50 anni al Ghiacciaio del Belvedere in Piemonte la cui superficie dal 1950 si è ridotta del 20% perdendo fino a 60 metri di spessore negli ultimi 10 anni, pari ad un edificio di 20 piani. E ancora il Ghiacciaio di Dosdè Est in Lombardia, che dal 1932 si è ritirato di oltre 1 km e ha perso il 47% della superficie, 1,6 ettari all’anno, equivalenti a 2 campi da calcio e mezzo. O il Ghiacciaio del Mandrone in Trentino-Alto Adige, nell’Adamello, il più esteso d’Italia, che dal 2015 ha perso 50 ettari, pari a 70 campi da calcio.
Una fotografia che comprende anche in Austria il Ghiacciaio Ochsentaler e in Svizzera il Morteratsch. Giorgio Zampetti, direttore Legambiente, definisce il Manifesto “il primo passo, misure per rallentare il fenomeno con politiche di mitigazione e urgenti azioni per fronteggiare le conseguenze. Quanto sta succedendo in alta quota coinvolge anche il territorio a valle. E per affrontare il ritiro dei ghiacciai alpini non ci si deve limitare solo alle aree di montagna ma servono politiche a scala molto più ampia”.
Sette le azioni proposte. Innanzitutto, moltiplicare il confronto tra amministratori regionali e locali, gruppi di ricerca, associazioni e imprese, per migliorare la capacità di governance dei ghiacciai europei, le conoscenze e il know-how scientifico e tecnico. Per questo occorre mettere in rete le esperienze di diverse situazioni geografiche, politiche e climatiche, per una rete di competenze multidisciplinari che costituisca una Governance Europea dei Ghiacciai.
Servirà ad orientare le scelte dell’Ue per la tutela di ghiacciai e calotte e a ridurre gli impatti sulla criosfera e sull’uso del suolo e dell’acqua, con un sistema europeo che ne monitori il rischio, mettendo in comune esperienze locali e regionali in un sistema comune di regole, oltre che a incentivare percorsi di ricerca con Università e Scuole, per accrescere la consapevolezza dei cittadini e delle istituzioni e per sviluppare iniziative formative per nuove professionalità nel campo della mitigazione e dell’adattamento.
Infine, dare impulso e coordinamento agli strumenti e alle policy internazionali per la mitigazione e l’adattamento al climate change nelle Alpi. In particolare, quelle sviluppate dalla Convenzione delle Alpi, come il Piano d’Azione Clima 2.0, le Linee Guida per l’adattamento locale ai cambiamenti climatici nell’arco alpino e le relative iniziative di attuazione come la “Carta di Budoia per l’Adattamento Locale ai cambiamenti climatici”.
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