PRIMA PAGINA – Un filo sottile lega inchiesta dossier e cybersicurezza
C’è un filo sottile che lega l’inchiesta sul dossieraggio, sul tavolo della procura di Perugia e di quella di Roma, all’accelerazione imposta all’iter parlamentare per l’approvazione del provvedimento ‘in materia di rafforzamento della cybersicurezza nazionale e di reati informatici’ emanato dal governo a gennaio. Nel frattempo, infatti, è scoppiato in modo fragoroso il caso delle ricerche abusive effettuate dagli uffici della Direzione Nazionale Antimafia. Tra le numerosissime audizioni calendarizzate in commissione antimafia e l’eventualità di un’apposita commissione parlamentare di inchiesta sulla cui opportunità la maggioranza non ha trovato la quadra, si inserirebbe dunque la volontà del governo di chiudere la stalla prima che i buoi siano scappati. Al netto dell’utilizzo fatto da Striano e altri dei dati estrapolati abusivamente dalle Sos e dei loro eventuali mandanti, si pone infatti il problema di dove siano andate a finire queste informazioni una volta in circolazione. Ed è qui che si pone un serio problema di sicurezza nazionale che ieri ha portato il sottosegretario Mantovano, uomo di fiducia di Giorgia Meloni per i rapporti con il Quirinale, ma anche titolare della delega ai servizi, dinanzi alle commissioni Affari costituzionali e Giustizia della Camera per sottolineare l’importanza del testo sulla cybersicurezza. Non a caso il responsabile delle pratiche più delicate di Palazzo Chigi, a proposito dell’esigenza di un inasprimento sanzionatorio teso a contrastare con maggiore efficacia i reati informatici, ha fatto espresso riferimento “a chi si introduce in banche dati ed estrae illecitamente migliaia e migliaia di dati sensibili determinando pesanti contraccolpi istituzionali, come denuncia la cronaca di questi giorni”. Secondo fonti ben informate, l’intenzione del governo sarebbe quella di sfruttare il passaggio parlamentare di questo provvedimento per inserire delle norme ‘anti-spioni’, così da arginare nuovi casi di dossieraggio illecito e ridurre il rischio che informazioni rilevanti per la sicurezza del paese finiscano in mani sbagliate, servizi segreti stranieri inclusi. Non a caso Mantovano ha sottolineato che quello del governo sulla cybersicurezza, licenziato dal consiglio dei ministri prima che l’inchiesta guidata da Raffele Cantone e i suoi sviluppi inquietanti diventassero noti, non è “un testo blindato”, bensì è “aperto all’arricchimento del lavoro parlamentare”.
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