Cultura & Spettacolo

Un amore folle e irrazionale negli anni della Resistenza

di Redazione -


DI GABRIELE GRAZI
Come lo definì Calvino, il libro sulla Resistenza. Nella settimana del 25 aprile vorrei proporvi la lettura o rilettura, che va sempre bene essendo un classico, di Una Questione Privata di Fenoglio. E’ un romanzo dove Fenoglio conglomerò gli aspetti principali della sua poetica: l’adesione al movimento partigiano con i suoi ideali, il valore del territorio, nello specifico le Langhe, l’amore folle e irrazionale come lo furono quelli anni devastati dalla guerra. La storia è quella di un triangolo amoroso: il partigiano Milton viene a sapere del presunto amore nato tra Giorgio, suo vecchio amico e ora partigiano in un altro battaglione, e Fulvia, la ragazza di cui è perdutamente innamorato. Decide di dover in tutti i modi trovare Giorgio per capire cosa sul serio sia successo tra di loro e come comportarsi, ma quando si accorge durante le sue ricerche che è prigioniero dei fascisti la storia prenderà una piega pericolosa. Il libro uscì postumo, e del resto la fama di Fenoglio si è tutta sviluppata dopo la sua morte, venendo prima considerato uno scrittore al più locale. Come spesso succede con i capolavori, solo con una certa distanza dal loro fuoco si possono comprendere in tutto il loro splendore, se ne possono riconoscere i tratti distintivi e le caratteristiche che li renderanno una pietra di paragone per tutta la letteratura del nostro Paese. Pensiamo ad esempio al neorealismo italiano che ha segnato un’epoca e uno stile espressivo in tutto il mondo: senza forse neanche un’eccessiva consapevolezza dell’adesione ad un canone estetico, o della fondazione stessa di quel canone, autori come Fenoglio e come Agnese Viganò, per restare nell’ambito della resistenza, hanno costurito uno dei punti più alti della possibilità espressiva legata alla storia del proprio Paese e quindi della propria comunità. E lo hanno fatto non con uno studio culturale su cui fondare un movimento intellettuale, loro un movimento lo hanno abitato, quello partigiano, ed è naturalmente fluito dal loro sangue al loro inchiostro, come un continuo. Ecco un brano del libro che ci porta nel suo stile diretto, semplice come solo un libro complesso sa essere: “E invece? Invece quando sarà finita? Quando potremo dire fi-ni-ta? – Maggio. – Maggio!? – Ecco perché ho detto che l’inverno durerà sei mesi. – Maggio – ripetè la donna a se stessa. – Certo che è terribilmente lontano, ma almeno, detto da un ragazzo serio e istruito come te, è un termine. E’ solo di un termine che ha bisogno la povera gente. Da stasera voglio convincermi che a partire da maggio i nostri uomini potranno andare alle fiere e ai mercati come una volta, senza morire per strada. La gioventù potrà ballare all’aperto, le donne giovani resteranno incinta volenteri, e noi vecchie potremo uscire sulla nostra aia senza la paura di trovarci un forestiero armato”. Poche cose, semplici, che raccontano un gusto antico per la condivisione vera, quella incentrata sul sorriso e sulla voglia di vivere che diviene volontà di lottare rischiandola quella vita, perché l’amore cantato in queste pagine, che è quello per la libertà e per le persone, va custodito. E perché è come canta Guccini: gli eroi sono tutti giovani e belli.

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