Ultima Fermata – Indagati i superstiti della strage del treno: ora tutta la verità
ULTIMA FERMATA: Indagati i superstiti della strage del treno di Torino. Ora tutta la verità
Sicurezza sul lavoro, ultima fermata. Una piaga sociale che neppure l’intervento divino, ormai, sembra in grado di arginare, in un Paese che non può demandare la salvezza all’interpretazione del significato di una croce di fuoco apparsa misteriosamente su una rotaia. Michael Zanera, saldatore di 34 anni, alle 23.47 dello scorso mercoledì non si trovava mica nella grotta di Lourdes, ma era stato mandato a lavorare, e a morire, nella stazione ferroviaria di Brandizzo, insieme agli altri quattro operai travolti dal treno. Era perfino contento di quell’impiego Michael, perché di questi tempi i soldi non bastano mai. Non solo per le famiglie, ma anche per le piccole e medie imprese.
E allora, a volte, per risparmiare tempo e denaro si sacrificano altri aspetti, si tralasciano dettagli che così irrilevanti poi non sono, di fronte a omicidi sul lavoro che si potevano evitare. È proprio per omicidio colposo plurimo, ma con l’aggravante del dolo eventuale, che la Procura di Ivrea ha già iscritto i primi due nomi, quelli dei superstiti, nel registro degli indagati. Perché sono emerse gravi violazioni delle misure di sicurezza, in grado di dimostrare che chi di dovere, anziché tutelare i saldatori intenti a operare sui binari della linea Torino-Milano, avrebbe accettato il rischio che il disastro e la morte degli operai potesse verificarsi. “I meccanismi di garanzia non erano sufficienti per un intervento sui binari così delicato”, ha assicurato il procuratore capo Gabriella Viglione, aggiungendo che l’immane tragedia poteva essere evitata e che “l’attuale situazione ci porta a ritenere che non ci fosse l’autorizzazione a lavorare in quel momento, questo benché ci fosse personale preposto a verificare che l’autorizzazione ovviamente dovesse esserci”.
Il quadro che sta emergendo in queste ore rende ancora più inaccettabile il terribile destino dei cinque lavoratori, travolti da quel treno che sopraggiungeva con venti minuti di ritardo a 160 chilometri orari. I macchinisti non avrebbero mai immaginato che, su quei binari, una squadra stesse effettuando i lavori di manutenzione. D’altronde nessuno li aveva informati e il semaforo della stazione era verde. Un grave cortocircuito nelle procedure di sicurezza e nelle comunicazioni, che è sfociato nel sangue di chi era lì per guadagnarsi il pane e che, invece, è rimasto vittima di un errore umano. Del terribile sbaglio del primo degli indagati. Antonio Massa, il referente della Rete ferroviaria italiana di 47 anni che doveva affiancare gli operai della ditta esterna Sigifer, subappaltatrice della manutenzione ordinaria, e che aveva il compito di comunicare il nulla osta del passaggio dei treni, dando così il via agli interventi.
Massa, che si è salvato per miracolo dallo schianto, avrebbe autorizzato la manutenzione troppo presto, senza rendersi conto che l’ultimo treno non era ancora passato nella stazione. Secondo la Procura, lo “scorta ditta” doveva impedire ai saldatori di accedere ai binari senza prima aver ricevuto la documentazione prevista dal protocollo. “Non c’erano garanzie sufficienti, la tragedia poteva essere evitata”, ha sottolineato la procuratrice Viglione. Oltre a Massa è indagato anche l’altro superstite, Andrea Gibin Girardin, 52 anni e capo cantiere della Sigifer. Perché gli inquirenti, tra le carte spulciate della ditta subappaltatrice di Borgo Vercelli, non hanno trovato il nulla osta per l’interruzione delle linee, obbligatorio quando si devono eseguire lavori sui binari. Il via libera per l’apertura di un cantiere ordinario come quello di Brandizzo, infatti, viene dato solo dopo uno scambio di autorizzazioni che passano dall’ufficio circolazione a quello manutenzione ed è l’ultimo passaggio di un sistema di comunicazione sull’inizio e la fine dei lavori, fornito precedentemente a macchinisti e capo squadra operai.
Il sospetto è che la Sigifer, e dunque lo stesso capo cantiere, non avrebbe ricevuto quel nulla osta e potrebbe aver deliberatamente proceduto seguendo semplici comunicazioni verbali. C’è poi un altro elemento che aggraverebbe la posizione dell’azienda subappaltatrice: una violazione normativa che seppure non strettamente correlata all’incidente può aver avuto un ruolo nel disastro. La certificazione relativa alla sicurezza sul lavoro della Sigifer, come hanno accertato gli investigatori, risulta scaduta il 27 luglio scorso. Un dettaglio che, oltre a rappresentare un grave violazione delle norme, può diventare rilevante ai fini dell’inchiesta, qualora emerga che proprio la mancanza di quell’autorizzazione abbia pesato, involontariamente o deliberatamente, sul corretto iter nelle comunicazioni del nulla osta ai lavori. Gli inquirenti vogliono capire se i vertici dell’azienda fossero consapevoli delle irregolarità e se l’anomalia della documentazione possa averli spinti a concordare verbalmente gli interventi, muovendosi al di fuori delle procedure di sicurezza. Nuovi dettagli emergeranno dalla “scatola nera” del treno, che ha registrato le comunicazioni audio tra la stazione e i macchinisti. L’obiettivo è individuare il cortocircuito nelle informazioni che ha causato la tragedia. L’ennesima, in un Paese dove ormai la sicurezza sul lavoro è a un binario morto.
Torna alle notizie in home