Sull’accordo tra Ue e Mercosur rombano già i motori dei trattori. Al G20 di Rio de Janeiro gli incontri tra i rappresentanti di Bruxelles e quelli dei governi sudamericani si moltiplicano nel segno della cooperazione, degli affari e dei progetti comuni. Ma in Europa l’intesa tra la Ue e l’organizzazione del mercato comune dell’America Latina che riunisce Brasile, Argentina, Uruguay, Bolivia e Paraguay sta scatenando un putiferio e in Francia i trattori hanno ripreso già la via della protesta. Eppure Bruxelles non molla: perché l’Ue non vuole lasciare il Sud America alla Cina.
La vicenda è complessa. E riporta d’attualità i temi che, nei mesi scorsi, spinsero gli agricoltori di tutta Europa a scendere in strada e a protestare a Bruxelles. Motivi che Coldiretti e Filiera Italia hanno riassunto in un documento che, anche in Italia, ha portato la vicenda al centro dell’agenda politica. Proprio mentre Giorgia Meloni aveva presentato al presidente del Brasile progetti per quaranta miliardi sulla falsariga di una sorta di Piano Mattei ma verso l’America Latina e Ignacio Lula la salutava chiedendole di “tornare presto” nel suo Paese, per continuare a parlare di piani e alleanze comuni. “Senza la garanzia della reciprocità delle regole l’accordo Mercosur non può essere sottoscritto, poiché causerebbe gravissimi danni all’agroalimentare italiano ed europeo, con potenziali rischi anche per la salute dei consumatori”, tuonano da Coldiretti e Filiera Italia: “L’attuale formulazione dell’intesa non considera un aspetto fondamentale come le differenze degli standard produttivi. Nell’area Mercosur, vigono regole molto meno stringenti rispetto a quelle europee sull’uso di sostanze chimiche e tecniche di produzione. Basti pensare al fatto che il Brasile negli ultimi venti anni ha quadruplicato l’uso di pesticidi. Si tratta peraltro di sostanze che usano principi attivi spesso vietati nell’Unione Europea”. Un problema che, oltre a essere di natura sanitaria, ha risvolti economici importanti: coltivare seguendo le rigide prescrizioni Ue “costa” agli agricoltori europei molto di più rispetto ai “colleghi” sudamericani che non sono sottoposti a legislazioni particolari, specifiche e precise. Ma c’è di più, ci sono gli allevamenti a preoccupare gli agricoltori italiani dal momento che, in America Latina, “si fa uso di antibiotici e altre sostanze usate come promotori della crescita, una pratica proibita in Europa dal 2006. Il tutto senza riuscire a garantire adeguatamente una completa tracciabilità che garantisca solo prodotti hormon free verso l’Europa. Senza dimenticare che nell’ultimo anno il Rasff, il sistema di allerta rapido dell’Ue ha rilevato oltre duecento casi di allarmi per cibo proveniente da Paesi Mercosur con residui di pesticidi, sostanze tossiche e batteri”. Infine l’aspetto economico: “Le imprese italiane si ritroverebbero a essere penalizzate da una concorrenza sleale, con una corsa al ribasso dei costi, rispetto a quelle Mercosur, con molti meno vincoli dal punto di vista della tutela e dei diritti dei lavoratori e dell’ambiente. Inoltre non viene assicurata una tutela completa alle produzioni agroalimentari di qualità, considerato che il Sudamerica rappresenta un fiorente mercato del cibo Made in Italy tarocco”. Le preoccupazioni espresse dagli “italiani” sono sostanzialmente le stesse che hanno spinto, nei giorni scorsi, gli agricoltori francesi a protestare, ancora una volta, nelle strade e davanti ai municipi del Paese. L’ipotesi di cui si parla, adesso, in seno al Comitato rurale di Francia è quella di un blocco dei trasporti alimentari se non dovessero notarsi progressi nell’accordo. Il governo di Parigi ha tentato, senza riuscirci, di bloccare la conclusione dell’accordo, la cui firma è prevista entro fine anno. L’intesa prevede l’ingresso, in Ue, di prodotti agroalimentari dal Sudamerica senza l’aggravio di dazi. In cambio le frontiere dell’America Latina sarebbero aperte ai prodotti Ue, a cominciare dall’automotive e dalla farmaceutica. Naturalmente, a Bruxelles, i Paesi membri sono profondamente divisi e l’ennesima lacerazione rischia di stravolgere, una volta di più, le istituzioni comunitarie. C’è da sottolineare, inoltre, che l’opposizione al trattato arriva anche dai gruppi ambientalisti che ritengono l’intesa una sorta di incentivo alla deforestazione. Insomma, è un bel vespaio di polemiche. Ma l’Ue non ha la minima intenzione di recedere. E non pesano (solo) gli interessi dei singoli Stati membri. C’è la grande questione della guerra commerciale con la Cina. Che, nei giorni scorsi, ha inaugurato il grande porto di Chancay, sulla costa peruviana, a 75 km della capitale Lima. Un’infrastruttura strategica che sarà il perno delle operazioni economiche asiatiche in America Latina, creerà fino a 8mila nuovi posti di lavoro, si ritiene capace di poter generare ricavi fino a 4,5 miliardi di dollari l’anno e che risulta finanziata (anche) dal governo cinese per 1,3 miliardi di dollari nell’ambito della Belt and Road Initiative, la famosa Via della Seta. Tra Pechino e il Perù, chiaramente, è stato sancito anche un atto di libero scambio. Che, ora, fa davvero paura all’Occidente.