Ue, l’Italia va alla guerra degli imballaggi
L’Europa si è “imballata”. C’è una minaccia concreta all’industria italiana, la quale insidia anche le dinamiche finora messe in campo per portare il Paese ad un primato in Europa per il riciclo. Una normativa, guardando al quadro generale della manovra europea, che ancora una volta punta a obietti medi per tutti gli Stati membri, senza approfondire i mercati, che sono diversi per ogni nazione aderente all’Ue, così come sono diversi gli stili di vita e dei consumi che in ogni Stato nel corso del tempo si sono affermati. “Molti sono gli aspetti critici del provvedimento che, se approvato nella formulazione presentata dalla Commissione Europea, rischia di danneggiare un intero sistema di eccellenza, con gravi e trasversali impatti su tutto il sistema industriale nazionale”. Torna sulla questione il direttore generale di
Confindustria, Francesca Mariotti, in audizione alla Camera sulla proposta di Regolamento del Parlamento Europeo del Consiglio sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio. Il pressing di Confindustria è per una modifica che vada alla radice delle osservazioni fin qui sollevate: “Auspichiamo – ha sottolineato Mariotti – una sostanziale e profonda rivisitazione dell`intero provvedimento, per orientarlo ad un maggiore equilibrio e flessibilità, che tenga conto delle specificità di tutti gli Stati membri, valorizzando le vocazioni di ognuno nel solco della transizione circolare”.
Il nodo, infatti, è quello che l’associazione, con altre, racchiude in “una grave violazione del principio di neutralità tecnologica”. Quelo cui il governo Meloni punta da tempo, circa gli obiettivi Esg europei, anche riguardo ad altri comparti produttivi, come l’automotive.
Ancora, per Confindustria è “necessario eliminare gli obiettivi obbligatori di riuso a scapito degli imballaggi monouso riciclabili sostenibili, così come necessario sopprimere la disposizione che vieta la produzione di determinate tipologie di imballaggi. Inoltre, è fondamentale evitare il pregiudizio sulle bioplastiche e le discriminazioni tra materiali. Tutti i materiali sono strategici e devono essere valorizzati nel perseguimento degli obiettivi di sostenibilità”. Nel mirino anche l’ipotesi di un unico modello di responsabilità estesa “come vorrebbe la Commissione Europea, perché ogni Stato membro ha la sua specificità. Il modello italiano è un`eccellenza a livello europeo: ha raggiunto gli obiettivi di riciclo previsti per il 2030 con 9 anni di anticipo e si basa sulla collaborazioni virtuosa tra imprese, comuni e cittadini”.
Un sistema virtuoso che finora ha fatto la differenza in Europa, la cui condanna va scongiurata. Lo aveva rilevato la stessa Commissione Politiche Ue del Senato sollevando rilievi critici sulla valutazione d’impatto svolta dalla Commissione Ue che “non sarebbe sufficientemente basata su dati scientifici e non in grado di dimostrare che l’armonizzazione prospettata nella proposta possa garantire la just transition verso modelli più sostenibili di produzione e gestione degli imballaggi e rifiuti di imballaggio.
Nell’occasione, ancora una volta era stato ricordato che l’Italia ha abbracciato da tempo il circular “con un modello di gestione dei rifiuti di imballaggio di eccellenza e un tasso di riciclo di oltre il 70%, grazie alle 800mila aziende impegnate nel settore degli imballaggi, con oltre 6,3 milioni di dipendenti e un fatturato di circa 2 mila miliardi di euro”. Risultati che non possono essere trascurati, se non cancellati. Un Regolamento da cambiare.
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