Cronaca

“Uccide la cugina facendola mangiare per la pingue eredità”

di Ivano Tolettini -


Fa mangiare gli spaghetti allo scoglio e il dolce all’anziana e benestante cugina, perché sarebbe stata consapevole delle sue patologie, per mandarla al creatore e intascare l’eredità milionaria. Ne è convinta la Procura della Repubblica di Catania che ha ottenuto dal gip Sebastiano Di Giacomo Barbagallo il giudizio immediato di Paola Pepe, 58 anni, residente a Teramo, ma domiciliata nel Catanaese a Sant’Agata Lì Battiati, popoloso comune dove la donna è ai domiciliari col braccialetto elettronico perché è accusata di omicidio volontario aggravato e circonvenzione di persona incapace.

È l’autunno 2022 quando Pepe riappare all’improvviso nella vita della 80enne pensionata vicentina Maria Basso, che da qualche tempo vive nella casa di riposo Immacolata Concezione ed è affetta da “corea di huntington, sindrome di Raynaud, sindrome da gambe senza riposo, artrosi, diverticoli colon, sindrome ipocinetica in un quadro depressivo”. L’anziana è stata una dipendente del ministero degli Esteri e quando è andata in pensione è tornata a vivere sull’altopiano di Asiago. Quando il suo stato di salute è peggiorato ha firmato una procura generale per la sola ordinaria amministrazione a favore dell’amica Clalia Vescovi. Ma è alla festicciola di compleanno di Maria, nel settembre del ’22, che ricompare nella sua vita Paola, la quale in breve – annotano i carabinieri di Asiago che eseguono le indagini su querela del fratello e dei nipoti veneti – è fin troppo attenta alle sue esigenze, fino a indurla a una sorta di fuga notturna dalla casa di riposo vicentina verso la Sicilia. La carica in macchina, senza permetterle neppure di prendere gli effetti personali e senza potere salutare le persone a lei più care, e dopo un lungo viaggio la accompagna nel pensionato di Aci Castello per starle più vicina e controllarla. Così non stupisce che il 5 dicembre 2022 l’imputata, tramite la madre, cugina della vittima, si fa rilasciare una procura generale a compiere anche atti di straordinaria amministrazione e quattro giorni più tardi la convince a firmare un testamento pubblico a suo favore.

L’ultimo passaggio della mortale trappola, almeno come ricostruisce il Pubblico ministero Michela Maresca, è il pranzo di Maria con i parenti siciliani. A causa delle sue particolari condizioni di salute, la pensionata, che secondo i medici avrebbe dovuto essere nutrita solo con omogeneizzati, viene imboccata con spaghetti al pesce e un dolce, facendole scatenare una polmonite ab ingestis, cioè da cose ingerite, che nel giro di cinque giorni, è il 16 dicembre, la spedisce al cimitero. Nel frattempo i parenti più stretti, che sono assistiti inizialmente dall’avvocato Roberto Rigoni Stern, che è anche il sindaco di Asiago, si erano mossi perché era evidente – a loro avviso – che l’interesse della cugina siciliana era stato determinato dall’eredità costituita da una villetta e da risparmi per un controvalore di oltre 1 milione di euro. L’interesse avrebbe mosso il rinnovato affetto.

La morte di Maria innesca le indagini dei carabinieri di Asiago, sollecitati dai parenti che si erano subito mossi dopo l’improvviso trasferimento a Catania della vittima, e quelle dei colleghi siciliani, che avvisano la Pm Maresca, la quale ordina al medico legale di eseguire l’autopsia. In questo contesto in apparenza compromesso per Paola Pepe, che difesa dall’avvocato Carmelo Peluso ha sempre respinto i sospetti affermando che non c’è stata alcuna azione con dolo per provocare la morte della cugina della madre, emerge anche che la vittima non avrebbe firmato un secondo testamento perché le precarie condizioni di salute non glielo consentivano per “difficoltà e grave debolezza degli arti”, come segnala un articolo del Corriere del Veneto a firma di Roberta Polese e Rebecca Luisetto. Le tante persone sentite come testimoni dai carabinieri disegnano un contesto indiziario grave e concordante a carico di Pepe, che potrebbe essere processata con il rito abbreviato.


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