Cronaca

Troppe ombre e passi falsi Desirée Piovanelli: il caso non è chiuso

di Rita Cavallaro -


Per la giustizia è un caso chiuso, ma a sentire le dichiarazioni della famiglia della vittima e quelle della difesa di uno degli assassini sembra che la storia di Desirée Piovanelli debba essere riscritta.
Per Maurizio Piovanelli, il padre della 15enne uccisa dal branco il 28 settembre 2002 a Leno, in provincia di Brescia, ci sarebbero altre persone coinvolte nell’atroce delitto a sfondo sessuale. E per l’avvocato di Giovanni Erra, l’unico maggiorenne del branco ancora in galera perché condannato a trent’anni, l’uomo non era presente nella cascina Ermengarda dove Desirée, quel terribile pomeriggio, è stata massacrata.

Il giallo di Desirée Piovanelli

Si apre dunque un giallo in uno dei delitti che hanno più scosso l’opinione pubblica italiana e che potrebbe rappresentare un colpo di scena, visto che il team difensivo di Erra sta lavorando nel massimo riserbo alla richiesta di revisione del processo.
Il difensore Antonio Cozza, che con l’avvocato Nicodemo Gentile assiste il detenuto, avrebbe raccolto degli elementi investigativi che potrebbero reggere, insieme a indizi contraddittori agli atti, l’istanza per la riapertura del caso. Il legale non intende scoprire le sue carte, ma le novità sarebbero scaturite da alcuni passi falsi, commessi da persone coinvolte, dopo aver appreso della concretezza di un’istanza di revisione per Erra. Il tutto in un quadro in cui proprio il padre di Desirée Piovanelli continua a parlare di molti punti oscuri dell’inchiesta, sostenendo che la figlia non fu semplicemente vittima di una tentata violenza sessuale finita nel più tragico dei modi, ma è convinto che a rapire Desirée sia stata una rete di pedofili che da vent’anni è tuttora attiva nella Bassa Bresciana. E di cui il paese è a conoscenza ma che, per omertà, non parla.
Per capire fino in fondo gli intricati aspetti della vicenda bisogna tornare a quel 28 settembre 2002, quando la ragazzina, nel primissimo pomeriggio, uscì di casa dicendo che sarebbe andata dalla sua amichetta.
E svanì nel nulla, in meno di 300 metri che separavano la villetta dei Piovanelli dall’abitazione della compagna di scuola.
Poche ore dopo, non vedendola rientrare, la famiglia capì che qualcosa di terribile doveva essere successo, perché quella figlia, studiosa e obbediente, non sarebbe mai scappata di casa. Era stata attirata con un subdolo pretesto, una cucciolata di gattini appena nati, nella cascina Ermengarda, da Nicola Bertocchi, un 16enne del posto che faceva il manovale e di cui la stessa Desirée, nel suo diario, aveva scritto: “Nicola è un ragazzo da non frequentare, attenzione”.
Nicola, d’altronde, era il classico nullafacente, che negli ultimi tempi faceva gruppo con il coetaneo Nico Vavassori, anch’egli operaio edile senza voglia di lavorare, e Mattia Franco, 14 anni e più volte bocciato a scuola. Giovani bulli agli antipodi con la ragazzina, la cui bellezza era apprezzata in tutto il paese tanto da diventare la sua unica “colpa” agli occhi del branco, del tutto ignorato dall’adolescente. Il gruppo, dunque, avrebbe maturato il terribile piano del rapimento e dello stupro della quindicenne. Condotta con l’inganno da Nicola in quella cascina abbandonata a 300 metri da casa Piovanelli, dove ad attenderla non c’erano dolci gattini, ma belve feroci, armate di coltello. Nicola, Nico e Mattia. E poi Giovanni Erra, 36 anni, che viveva davanti all’abitazione delle vittima, la quale faceva addirittura da baby sitter al figlio di quell’uomo dalla personalità infantile, un tossicodipendente diventato il “leader carismatico” del gruppo di minorenni. Per gli inquirenti è stato lui la mente del crimine, che si è consumato non appena Desirée ha varcato la porta del cascinale. Il branco, dopo averla immobilizzata, ha cercato di stuprarla, ma quando la ragazza ha urlato a Nicola tutto il suo disprezzo.
Quel “mi fai schifo” gridato dalla bocca della giovane è stato la miccia della mattanza. Trentatré coltellate, tante ne ha rilevate l’autopsia, ci vollero per porre fine alla vita di Desirée, che fino all’ultimo ha lottato per sopravvivere tentando perfino di gettarsi dalla finestra, finché un ultimo fendente alla gola le fu fatale.
Il branco la abbandonò infine in uno stanzino, spogliandola per inscenare una violenza. I giorni passarono, con i continui appelli per la liberazione rivolti da Maurizio Piovanelli all’orco che teneva prigioniera sua figlia. La svolta quando sul cellulare del fratello della vittima arrivò un messaggio della sorella, che diceva di essere scappata per stare con il fidanzato.
Quel sms, però, era solo un depistaggio, inviato da Nicola utilizzando una scheda telefonica. I carabinieri risalirono alla carta, persa da un turista in un campeggio di Jesolo e, incrociando i dati degli ospiti dell’albergo, scoprirono che nelle settimane precedenti era lì in villeggiatura la famiglia Bertocchi. Messo sotto torchio, il 16enne confessò di aver ucciso lui Desirée Piovanelli, insieme a Nico e Mattia, e portò gli inquirenti al corpo della vittima.
La partecipazione di Erra venne fuori solo diversi giorni dopo, dalle testimonianze dei tre minorenni del branco. Il processo si concluse con le condanne a 18 anni di reclusione per Nicola Bertocchi, a 15 per Nico Vavassori e 10 per Mattia Franco. Oggi i tre sono liberi, dopo aver pagato il conto con la giustizia. Giovanni Erra, invece, è ancora in prigione, dove sta scontando la condanna a 30 anni. E ora spera che il suo caso venga riaperto.


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