Tricarico: Un missile per l’aereo azero, a Ustica no
Tricarico: Un missile per l’aereo azero, a Ustica no.
Cieli sicuri, futuro sostenibile: è un auspicio, più che un’affermazione, il titolo del piano strategico 2026-2050 dell’Icao, l’Organizzazione internazionale per l’aviazione civile, l’agenzia delle Nazioni Unite che è il principale ente di normazione e regolamentazione mondiale e ha il compito di promuovere la progettazione e lo sviluppo del trasporto aereo internazionale rendendolo più sicuro e ordinato. Ciò che da settimane non sta avvenendo. In primo piano non solo il bird strike, il fenomeno sempre più ricorrente della collisione di stormi di uccelli con gli aerei richiamato anche durante le indagini per l’esplosione di un aereo sudcoreano domenica scorsa. Da giorni procedono, in uno scenario che è sempre più di contrasto politico-diplomatico tra l’Azerbaigian e la Russia, gli accertamenti riguardo all’aereo azero precipitato in Kazakistan il giorno di Natale mentre era in volo da Baku verso Grozny e che ha fatto 38 vittime.
Il traffico aereo globale continua a crescere oltre i livelli precedenti alla pandemia, si prevede che il numero di passeggeri salirà da 4,6 miliardi nel 2024 a 12,4 miliardi entro il 2050. Dati cui è auspicabile corrisponda, nei cieli di tutto il mondo, un sistema di controllo aereo adeguato ed efficiente. Ne abbiamo parlato con il generale Leonardo Tricarico.
“Le immagini televisive della tragedia dell’aereo azero – afferma l’ex Capo di stato maggiore dell’Aeronautica Militare – ci hanno rimandato quelle del relitto ove erano inequivocabili le tracce delle schegge dell’esplosione di un missile. Un velivolo che è caduto per un malinteso, un errore, una gestione degli spazi aerei da rimettere a punto. Non è la prima volta. Chi sovrintende alla regolazione dei traffici aerei deve prendere atto di un sistema che evidenzia anomalie da risolvere. Oggi il rischio è sempre presente in cieli appartenenti a scenari conflittuali. Questa volta è capitato in quello ove sono preminenti attività militari russe, ma i teatri di guerra sono ormai tanti”.
“Un’anomalia evidente – aggiunge -. La gestione globale del controllo aereo deve identificare e discriminare il traffico civile e quello militare. E quando ciò non è possibile, è necessario che si arrivi a chiudere gli spazi aerei per le rotte commerciali in queste zone. Ho l’impressione che il sistema russo non sia regolato adeguatamente e che non riesca in questo scopo”.
Un problema di affollamento, una sovrapposizione di elevato traffico militare a quello civile? “Non c’è affollamento – risponde Tricarico -, c’è solo una inefficace gestione del controllo. La guerra del Kosovo alla fine degli anni ’90 arrivò a prevedere fino a 90 voli militari giornalieri ma non ci fu mai alcun rischio nei cieli sopra il Mediterraneo”.
Una vicenda, questa dell’aereo azero precipitato dopo l’esplosione di un missile, che ha richiamato da più parti il ricordo della strage di Ustica, del volo del DC-9 Itavia che sparì nelle acque del Tirreno tra Ponza e Ustica il 27 giugno del 1980 facendo 81 vittime, solo 39 delle quali recuperate.
Quella tragedia – dice Tricarico – viene ripetutamente evocata. Questa occasione, se è davvero questo il “tempo della speranza”, può servire ad auspicare che chi ha responsabilità possa reindirizzare la narrativa verso la verità e la ricerca dei responsabili, suscitando un sussulto di fedeltà ed etica istituzionale”.
“Ciò che è accaduto in Kazakistan – spiega Tricarico -, con tracce dell’esplosione di un missile sul relitto così evidenti, permetterà sicuramente agli investigatori di venire a capo rapidamente della vicenda. Ciò che non è successo per Ustica, perché sui resti di quasi tutto il relitto oggi custodito a Bologna nel Museo per la memoria di Ustica, non c’è il minimo segno dell’impatto di un missile. La narrativa che ancora si ripete sull’ipotesi del missile è una falsità che andrebbe rilevata. E la giustizia dovrebbe, nel chiarire definitivamente che quel velivolo esplose sul Mar Tirreno a causa di una bomba, perseguire la ricerca dei responsabili di quella tragedia”.
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