Ambiente

“Transizione green? Sì, senza smantellare la nostra economia”. Meloni: No all’ambientalismo ideologico

di Angelo Vitale -


Due transizioni, quella energetica e quella ecologica, messe in campo dall’Europa e perseguite in ognuno degli Stati membri Ue. In Italia, fin dal suo insediamento, il mantra del governo Meloni, ripetuto in ogni occasione dalla premier e dai suoi ministri, talvolta con qualche diffferenziazione che tradisce aspetti caratteriali ma anche la stretta correlazione a precisi comparti industriali e produttivi, è imperniato sull’inscindibile connessione tra sensibilità ambientale, sociale ed economica. Ove le ultime due, è chiaro, significano lavoro, occupazione e tutte le urgenze del Sistema Paese ancorato all’industria.

“La transizione ecologica è indispensabile, ma va fatta con criterio – ha detto Giorgia Meloni all’assemblea generale di Assolombarda – Non possiamo smantellare la nostra economia per inseguire la transizione ecologica”. Le parole che si aspettava la platea di un luogo particolare, quello nel quale ogni anno i vertici del governo in carica misurano la propria capacità di ascoltare il polso della dolente industria della capitale economica del Paese, quella che bada al sodo dei problemi e che può anche nutrire pazienze e attese, salvo poi rapidamente disamorarsi di una governance dopo averla messa alla prova degli impegni assunti.

“La sostenibilità ambientale – ha precisato Meloni – deve camminare di pari passo con la sosteniblità sociale ed economica. Difendiamo la natura, tenendo l’uomo al suo centro. E’ questa la nostra sfida, che ci caratterizza con un approccio pragmatico rispetto a un ambientalismo ideologico e un po’ miope su alcuni dossier”.

Una platea speciale dove la premier ha ascoltato il pressing del presidente Alessandro Spada, che non ha certo avuto peli sulla lingua. Di sicuro sul Pnrr, bacchettando una manovra finora interessata ai piccoli Comuni e alle mille stazioni appaltanti cui destinare rivoli di risorse alla ricerca di facile consenso politico. Buttando subito la palla nel campo della Meloni, ora attesa ad una rimodulazione che soddisfi le urgenze delle imprese. Un segnale, uno dei tanti, di una giornata non facilissima. Durante la quale è stato evidente anche il palese tentativo del presidente leghista di Regione, Attilio Fontana, di una ricerca di maggiore autonomia esplicitata alla Meloni davanti agli industriali. Un alert di rapporti di maggioranza che, in queste settimane, risentono particolarmente di una necessità di Lega e Forza Italia per maggiore visibilità e centralità, con lo sguardo fisso alle prossime Europee e alle intese che potranno esserne cemento o palude. Non un caso, questo campanello di allarme,perché corroborato dalla netta divaricazione, nella stessa giornata, tra i partiti di maggioranza in Italia, nella trama del quadro di assetto tra partiti in Europa.

Un esecutivo che, sull’ambiente, misura anche la differenza tra un mite ministro come Pichetto Fratin e il deciso protagonismo della sua vice, la leghista Vannia Gava. Che non perde occasione di ribadire un percorso per un Piano Fermi sul nucleare da affiancare a quello Mattei sull’energia, assai caro alla premier. Un impulso alla ricerca per un nucleare di ultima generazione finalmente salutato al suo sdoganamento nel dibattito del Paese.


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