Politica

PRIMA PAGINA-Toti risponde a 180 domande e respinge tutte le accuse

di Giuseppe Ariola -

Giovanni Toti in caserma Gdf per l'interrogatorio


Agli arresti domiciliari dal 7 maggio, il governatore della Liguria Giovanni Toti ieri ha potuto essere finalmente ascoltato dai pm genovesi Luca Monteverde e Federico Manotti, dopo essersi avvalso della facoltà di non rispondere nel corso dell’interrogatorio di garanzia fissato subito dopo l’applicazione delle misure cautelari, per l’impossibilità di studiare l’enorme mole di carte relativa all’inchiesta. L’appuntamento con i magistrati, che inizialmente era stato previsto solo per la prossima settimana, è stato anticipato di qualche giorno. Un vero e proprio interrogatorio fiume, con poche e brevi pause, che ha visto Toti giungere alle 11 nella caserma della Guardia di Finanza di Molo Giano, nel porto di Genova, da dove è uscito solamente in serata, dopo aver risposto a tutte le domande rivoltegli e respinto ogni accusa.

Assistito dall’avvocato Stefano Savi, il presidente della Liguria si è difeso dall’accusa di falso, corruzione elettorale e voto di scambio nel corso di un faccia a faccia di 8 ore durante il quale gli sono state rivolte circa 180 domande inerenti i rapporti con l’imprenditore Aldo Spinelli, la gestione delle concessioni portuali, che è comunque in capo all’Autorità portuale e non alla Regione, i finanziamenti di diversi imprenditori ricevuti dal comitato della Lista Toti a sostegno delle spese elettorali e dell’attività politica, oltre che su un trasferimento di denaro dal conto corrente della lista a uno intestato al governatore, avvenuto in tre tranche per un totale di circa 55 mila euro. Una circostanza quest’ultima emersa pochi giorni fa che sarebbe stata giustificata ai magistrati come l’esigenza di procedere sia a un rimborso di quanto anticipato direttamente dal governatore per l’attività politica che per far fronte alle varie spese sempre di natura politica. Tant’è che sul conto in questione, aperto presso Banca Carige, era delegata a operare una collaboratrice di Giovanni Toti, la tesoriera del comitato elettorale. Non si tratterebbe dunque di un conto personale in senso stretto.

Per quanto riguarda invece gli altri addebiti, il governatore avrebbe sostenuto l’assoluta correttezza del proprio operato, respingendo ogni ipotesi corruttiva nel rispondere alle domande dei pm e chiarendo di aver sempre agito negli interessi della Liguria, senza mai venire meno ai doveri che gli derivano dalla funzione. Toti avrebbe dunque negato di aver favorito questo o quell’imprenditore, circostanza che troverebbe conferma anche nell’interrogatorio reso da Spinelli che, anzi, si è lamentato di non aver visto accolte le sue richieste.

Nel frattempo, mentre Giovanni Toti è a colloquio con i pm, sullo sfondo resta la questione politica delle sue eventuali dimissioni. Una decisione che, come detto a più riprese dall’avvocato, il governatore non può prendere da solo, ma che necessita di un confronto con gli alleati che compongono la maggioranza in Liguria e con i vertici nazionali di questi stessi partiti. Confronto che, ovviamente, potrà avvenire solamente nel caso in cui dovesse essere disposta una revoca degli arresti domiciliari da parte del gip. Una questione procedurale – visto il regime detentivo a cui è sottoposto Toti – dagli importanti risvolti politici, perché è evidente l’impossibilità di restare in sella nelle attuali condizioni. Tanto che il vicepremier Antonio Tajani, intervistato a Porta a Porta, a questo proposito ha detto che “se dovessero essere revocati gli arresti domiciliari si andrebbe nella direzione di una permanenza alla guida della Regione”. Una conferma, con un non detto, dell’ipotesi che in caso contrario non ci sarebbe altra strada che quella di un passo indietro.


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