Editoriale

Toghe rosse a orologeria

di Adolfo Spezzaferro -


Puntuale come una cambiale, dopo la sconfitta elettorale arriva la bordata della magistratura contro il governo. All’indomani della batosta della sinistra coppia Conte-Schlein in Liguria, le toghe rosse del tribunale di Bologna, nell’ordinanza con cui chiedono alla Corte di Giustizia dell’Ue di esprimersi sul decreto Migranti, sfoderano le armi più pesanti: “Paradossalmente si potrebbe dire che la Germania sotto il regime nazista era un paese estremamente sicuro per la stragrande maggioranza della popolazione tedesca: fatti salvi gli ebrei, gli omosessuali, gli oppositori politici, le persone di etnia rom ed altri gruppi minoritari, oltre 60 milioni di tedeschi vantavano una condizione di sicurezza invidiabile. Lo stesso può dirsi dell’Italia sotto il regime fascista”.

Il mix perfetto, quello più esplosivo – come nitro e glicerina – i magistrati politicizzati rispolverano (si fa per dire, ché sono spauracchi lucidati a festa) il nazismo e il fascismo. “Il sistema della protezione internazionale – sostengono i giudici bolognesi prima di chiamare in causa Terzo Reich e Ventennio- è, per sua natura, sistema giuridico di garanzia per le minoranze esposte a rischi provenienti da agenti persecutori, statuali o meno. Salvo casi eccezionali (lo sono stati, forse, i casi limite della Romania durante il regime di Ceausescu o della Cambogia di Pol Pot), la persecuzione è sempre esercitata da una maggioranza contro alcune minoranze, a volte molto ridotte. Se si dovesse ritenere sicuro un paese quando la sicurezza è garantita alla generalità della popolazione, la nozione giuridica di Paese di origine sicuro si potrebbe applicare a pressoché tutti i paesi del mondo, e sarebbe, dunque, una nozione priva di qualsiasi consistenza giuridica”.

Chi non vede una concatenazione sospetta tra la debacle in Liguria e la rappresaglia delle toghe rosse potrebbe almeno notare la inusuale, mirabile rapidità del tribunale bolognese rispetto ai tempi tradizionalmente lenti della giustizia italiana. Il decreto del governo sui Paesi sicuri è in vigore da appena quattro giorni ma subito è stato spedito alla Corte di Giustizia europea per chiedere quale sia il parametro su cui individuare i cosiddetti Paesi sicuri e se il principio del primato europeo imponga di ritenere che in caso di contrasto fra le normative prevalga quella Ue. A notare il febbrile impegno degli alacri togati è anche Maurizio Gasparri: “La giustizia in Italia in genere è molto lenta, salvo quando motivazioni politiche spingono i togati a essere rapidissimi. Ne abbiamo la conferma – osserva il presidente dei senatori di Forza Italia – dalla decisione del Tribunale di Bologna, che ha subito contestato il sacrosanto decreto del governo in materia di immigrazione sui Paesi verso i quali è lecito attuare dei restringimenti”. “Ormai è di solare evidenza – gli fa eco il vicepresidente della Camera, Fabio Rampelli, richiamandosi alla ormai celebre solarità di Giuli – che una certa magistratura accelera procedure e procedimenti ogni qual volta intenda minare l’operato politico di un governo legittimamente in carica”. Rampelli poi fa riferimento al sospetto che abbiamo espresso anche noi: “All’indomani del ceffone dato alla sinistra nelle elezioni liguri sembriamo sempre di più una democrazia a libertà condizionata”. Insomma, sappiamo tutti che le toghe rosse fanno male alla magistratura, a tutti quei giudici che non fanno politica ma fanno molto bene il loro lavoro, tuttavia così facendo – e questo è ancora più grave – questi magistrati antigovernativi ostacolano pure le politiche di sicurezza per il bene del Paese. Ostacolare l’applicazione di un decreto atto a regolamentare con maggiore efficacia i flussi di immigrazione irregolare, grazie all’accordo con l’Albania, e a scoraggiare gli scafisti e i trafficanti di esseri umani a sbarcare in Italia significa colpire l’intera nazione, non solo gli avversari politici.


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