Insieme agli auguri di Buon Natale, il Mef ha inviato agli azionisti di Tim un’offerta vincolante d’acquisto per Sparkle pari a 700 milioni di euro. La proposta giunta da via XX Settembre conta sulla partnership con Retelit, azienda italiana tra i principali fornitori di servizi in fibra all’ingrosso, acquisita nei mesi scorsi dal fondo spagnolo Asterion. L’annuncio è arrivato nella mattinata di ieri in una nota ufficiale del Ministero che ha definito l’offerta vincolante riferendo, inoltre, che rimarrà in piedi fino al 27 gennaio prossimo. In casa Tim, ci si è già iniziati a muovere per rispondere quanto prima all’offerta Mef-Asterion. La cifra messa sul piatto si avvicina a quella richiesta dall’azienda di telecomunicazioni ma, a quanto emerge dai rumors rincorsisi per tutta la giornata di ieri, occorrerà trovare quanto prima un accordo sulle modalità di pagamento della cifra. Tim vorrebbe la liquidazione quanto prima mentre chi presenta l’offerta vorrebbe vedersi riconosciute dilazioni e agevolazioni in fatto di tempo. Ma è il tempo quello che manca al Ceo Pietro Labriola e agli azionisti Tim. Perché, ieri, è accaduto qualcosa che ha portato la società ex Sip sotto i riflettori. Difatti il titolo Tim, in Borsa a Milano, non ha brillato per niente e, anzi, è arrivato a perdere fino al 6% nell’arco della seduta. Eppure un’offerta è pur sempre tale e non s’è mai visto che gli investitori snobbino così un’iniezione di liquidità per un’azienda che, dall’inizio dell’anno, è in sofferenza sulle quotazioni a piazza Affari. La questione va al di là dell’affare Sparkle e dalla strategicità della partecipata Tim che gestisce le infrastrutture digitali del cloud per la Pa e, soprattutto, quasi 450mila chilometri di cavi sottomarini in giro per il mondo con un (ovvio) interesse particolare per la connessione tra Africa, Europa e Medio Oriente. Il vero busillis che fa sorgere dubbi su Tim riguarda le mosse che Vivendi intenderà attuare da qui ai prossimi mesi. È il bersaglio grosso, dunque, quello che preoccupa gli investitori. In pratica accade, in Francia, che il colosso caro a Vincent Bolloré abbia deciso di scindersi in quattro. Con l’assenso plebiscitario (98% di sì) dell’assemblea straordinaria tenutasi il 9 dicembre scorso, Vivendi sarà oggetto di una scissione proporzionale in Canal + (quotata a Londra e avrà un valore di circa sei miliardi di euro), Havas (la cui quotazione è ad Amsterdam e che varrà circa due miliardi e mezzo) e Hachette (quotata a Parigi per due miliardi). Rimarrà infine la holding principale del gruppo a Parigi. Grazie a quest’operazione, la famiglia Bolloré si porterà al 31% delle “scisse” e potrà farlo senza doversi impegnare in faticose Opa. La domanda che ci si pone in Italia è un’altra: e riguarda la “fine” che farà la partecipazione in Tim (pari al 23,75 del capitale ordinario e del 17,04% di quello complessivo), oltre a quella che Vivendi detiene in Mediaset for Europe (19,8%). Non è una questione peregrina dal momento che, qualche giorno fa, Bloomberg ha sganciato una bomba: il fondo britannico Cvc Capital Partners sarebbe alla finestra in attesa di proporre ai francesi di cedere il loro pacchetto azionario in seno a Tim. Seguirebbe la “partita” e lo farebbe in maniera molto interessata anche il fondo americano Bain Capital (una corazzata da 185 miliardi in asset), interessato a portarsi in Massachusets un “pezzo” importante di Tim. Intanto ci sarebbe un altro appuntamento, decisivo, a metà gennaio: quello con il tribunale di Milano a cui Vivendi s’è rivolta ritenendo incongruo il prezzo, e quindi la vendita, della rete Tim al fondo americano Kkr. A completare il quadro ci sono i risultati non proprio entusiasmanti del titolo quest’anno: le azioni non sono mai riuscite a tornare ai livelli del 2023 restando quotate costantemente sotto i trenta centesimi l’una con picchi (negativi) in cui il valore s’è attestato di pochissimo sopra i 21 cents.
Intanto, gli analisti promuovono l’eventuale operazione con Mef-Asterion per Tim Sparkle. Per Equita, l’offerta vincolante da 700 milioni presentata dal Mef con Retelit per la rete di Sparkle è “una notizia positiva poiché consentirebbe di monetizzare un asset non più strategico, fin dall’origine inserito nel progetto di spacchettamento della rete presentato dal ceo Labriola, e non di supporto alla cash generation del gruppo nel periodo 2024-26”.