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Tifosi granata in marcia, Cairo “porta pazienza”

di Angelo Vitale -


Quanti erano domenica i tifosi granata in marcia contro il presidente del Torino? Difficile dirlo, a leggere quotidiani e siti web. Annunciati in 5 mila, diventati 10mila per La Stampa (che è però pur sempre un giornale del principale gruppo concorrente di quello guidato da Urbano Cairo). TorinoToday non li conta ma resoconta dettagliatamente su striscioni e slogan gridati contro il patron accusato di svendere i gioielli del club, Bellanova come Buongiorno, finiti all’Atalanta e al Napoli.

Un’attività che Cairo ha sempre svolto negli anni, crescendo talenti e poi vendendoli per consentirne un successo in club che potevano aspirare a competizioni internazionali. Un metodo che gli ha garantito finora di tenere in sesto una squadra che mai ha vissuto significative fibrillazioni o preoccupazioni.

Ma i tifosi – si sa – vogliono sempre il meglio e non ragionano che di questo. “Mai discutere veramente di calcio con un tifoso”, ci dice all’orecchio chiedendo rigoroso anonimato l’ex direttore sportivo di una squadra del Sud che vantò decenni fa due stagioni in Serie B prima di riprecipitare nei campionati inferiori.

E allora i tifosi granata sono scesi nelle strade e nelle piazze del capoluogo piemontese. Chiedono la testa di Cairo. Anzi, chiedono che se ne vada. Senza ovviamente aver contemporaneamente dato luogo ad una robusta colletta per un azionariato popolare che provi a fare la differenza rispetto alle strategie del patron, del quale ora arrivano ad offendere anche l’origine: “Se ne torni a Milano”.

Nessuno sa come finirà. Probabilmente, prevarrà la proverbiale pazienza di Cairo che però ora non sa cosa altro fare, nell’immediato, per placare gli animi – come si dice – della piazza. Cinquemila, forse diecimila torinesi. Mai quanti come quelli di una marcia di tutt’altro tenore che sfilò a Torino il 14 ottobre 1980. Erano migliaia di quadri e impiegati della Fiat, per sempre bollati come “antisindacati”. Per la Fiat furono 40mila. Anche allora, interpretazioni contrastanti tra questura, partiti e sindacati. Dodicimila, forse 20mila. O al massimo 30mila.


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