Dazi, telefonata Usa-Ue: “Meglio cooperare”
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Una telefonata tra Usa e Ue. Un’altra. Telefoni roventi, ieri alla Casa Bianca. Mentre Donald Trump sentiva Vladimir Putin per decidere delle sorti del conflitto tra Russia e Ucraina, il commissario Ue al Commercio Maros Sefcovic ha sentito l’omologo Usa Howard Lutnik in una telefonata a quattro a cui hanno preso parte anche Jamieson Greer, candidato a rappresentante commerciale, e Kevin Hassett, direttore del National Economic Council. Al centro della chiamata, naturalmente, il caso dazi. Non è emerso granché ma, almeno formalmente, si tenta di lavorare a una distensione: “La cooperazione è la nostra opzione preferita – ha affermato il portavoce di Sefcovic, Olof Gill -, rimaniamo impegnati in un dialogo costruttivo e nella ricerca di soluzioni negoziate, proteggendo al contempo gli interessi Ue, così come fanno gli Stati che proteggono i loro”. Una notizia, però, è pur arrivata in questo tripudio di parole vuote: “Le controparti hanno concordato di incontrarsi presto”. Dopo la chiamata transoceanica, a Bruxelles è suonato il citofono. Justin Trudeau è giunto in Europa a promettere l’appoggio e la collaborazione del Canada. Mal comune, mezzo gaudio: facciamo affari insieme. Ma non sarà facile sostituire un mercato composto da 335 milioni di persone con uno che a malapena supera i 40 milioni. E che dovrà affrontare dazi al 50% per i metalli. Sarà per questo, per rendere più efficace la “minaccia” di andarsene a commerciare altrove, che l’Ue ha annunciato per imminente il viaggio di Ursula von der Leyen in Sudafrica. Un summit che ha l’obiettivo di “rafforzare le relazioni” con “un partner strategico”. A cui Trump, di recente, ha tagliato fondi e “viveri”. Nel frattempo ieri, almeno stando a quanto affermato martedì dallo stesso Gill, sarebbero iniziati i giri di valzer per capire come rispondere ai dazi Usa. Se nei giorni scorsi era circolata la voce di una stangata pronta ai danni di Big Tech, adesso si chiacchiera delle ben più molli tariffe su whisky, jeans e motociclette. Riciccia la strategia del vecchio, ma non indimenticabile, Jean-Claude Juncker. E, nel frattempo, si rassicurano i mercati. Che a un’alzata di scudi vera Ue reagirebbero male, molto male.
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