Taylor Swift, quella luce che ti fa crescere il Pil
epa10857654 American singer-songwriter Taylor Swift poses on the red carpet during the MTV Video Music Awards at the Prudential Center in Newark, New Jersey, USA, 12 September 2023. EPA/SARAH YENESEL
Un caporedattore del Time, di fronte alla valanga di polemiche suscitate dalla scelta dell’elezione a “persona dell’anno” la cantante Taylor Swift ha pensato bene di difendere la decisione dell’autorevole rivista proponendo una serie di suggestivi quesiti ai perplessi lettori: “Se sei scettico, pensaci bene: quante conversazioni hai avuto su Taylor Swift quest’anno? Quante volte hai visto una sua foto facendo scrolling sul tuo smarthpone? Sei stata una di quelle persone che hanno campeggiato in una città dove si esibiva? Hai comprato un biglietto per il suo film concerto? Hai messo mi piace a un post su Instagram, o riso a un tweet, o cliccato su un titolo su di lei? Ti sei trovato a canticchiare Cruel Summer mentre aspettavi in fila al supermercato?”
Dunque, a parte che queste supposizioni lanciate a una platea (della quale faccio parte) la quale non ha alcuna possibilità di rispondere sulla stessa testata ma deve sorbirsi la sequela di ipotesi scuotendo la testa mentre in solitudine borbotta “No no. Io no, mai” ai fini della giustificazione del prestigioso premio (dato a chi nel bene o nel male ha fatto il massimo per influire sugli eventi dell’anno trascorso) che peso può aver avuto nelle nostre vite la ex ragazzina prodigio che cantava musica country?
In una disperata cordata difensiva alla testata anche il direttore si scaglia in un’arringa a favore della cantante eletta che profuma però di opportunistica rivendicazione femminile: “Taylor si è impegnata a dar valore ai sogni, ai sentimenti e alle esperienze delle persone, soprattutto donne, che si sentono trascurate e regolarmente sottovalutate.” E non basta, si spinge a spiegare che “ha reso la sua storia una leggenda globale e ha portato gioia a una società che ne ha disperatamente bisogno”.
Insomma, d’accordo o non d’accordo quelli del Time se la cantano e se la suonano, e quindi fanno come gli pare. Me li immagino alla riunione di redazione attorno al tavolo di vetro con le gambe metalliche di fronte alle borracce personalizzate per ogni postazione, uno di loro avrà provato a buttare là “Che ne dite di eleggere Sam Altman della rivoluzionaria Open AI?”. “E no, meglio di no”, gli avranno risposto, “l’hanno licenziato e poi ripreso ma in tandem con quell’altro, la situazione è poco limpida”. “E allora eleggiamo i procuratori che hanno incriminato Trump” si sarà intestardito il giornalista non groupie della Swift.
“Già, così lui fa la vittima e il 5 novembre ce lo ritroviamo di nuovo presidente”. Per carità, avranno pensato i liberal al tavolo del Time mentre una terrificante premonizione autoavverante gli provocava un brivido lungo la colonna vertebrale. Rimanevano re Carlo, Putin, Jerome Powell che è un economista guardiano all’inflazione degli US e il potente “imperatore” Xi Jinping. La meno divisiva e la più rassicurante della lista era certamente Swift con i suoi sogni e le sue insonnie. È donna, carina e “relatable” che tradotto letteralmente è “raccontabile” ma nel contesto delle relazioni umane significa che è figura capace di connettersi all’esperienza emozionale di qualcuno perché esiste una memoria di esperienze simili. Fatta, sarà la cantante che si racconta fra successi e fragilità ad avere l’onore di campeggiare sulla celebre copertina bordata di rosso del primo numero di dicembre.
La foto la ritrae con un gatto grosso e peloso appoggiato sulle spalle come i nostri pastori abruzzesi reggono le loro pecore, però lei, oltre a essere piuttosto bella rispetto alla media dei pastori, indossa un body nero trasparente che non sarebbe adatto alla Majella. La cantante ha venduto 300 milioni di dischi e proprio in questi giorni, forse grazie alla recente nomina del Time, con le sue 67 settimane di seguito nella hit di Billboard ha sfondato il muro Elvis, anche se è ancora lontana dal raggiungere le 132 settimane dei Beatles.
Ho ascoltato i suoi brani e ne ho riconosciuti alcuni, è un genere pop orecchiabile e mainstrem, e credo ci debba essere una certa genialità nel produrre canzoni in grado di essere ascoltate e apprezzate da milioni di persone nel mondo, pur se la commercialità non è mai stata grande amica dell’originalità. Ma rimuginando sulle motivazioni arcane della scelta Taylor ho pensato che il successo globale della Swift ha prodotto il neologismo “swiftlation”, che sarebbe Swift + inflazione in quanto il suo arrivo nelle città dove si esibisce provoca l’aumento dei prezzi e pare che i suoi concerti abbiano generato una spesa di 5 miliardi solo negli Stati Uniti, con l’effetto che i capi di stato di mezzo mondo si sono catapultati a invitarla per tour nel loro paese nella speranza di poter veder crescere il Pil grazie a lei e ai suoi concerti.
È vero che la cantante nata dal country si è evoluta e si rivolge con un’impronta progressista a un pubblico generalmente impermeabile a certe tematiche, ma credo che la vittoria che l’ha collocata sul podio insieme a Obama, Roosvelt, Churchill, Kennedy, dipenda più dall’aver saputo intercettare quel vasto pubblico individualista e egoriferito, spasmodicamente ansioso soltanto di “raccontarsi” e di “sentirsi raccontare”. Per loro Taylor Swift è autentica fonte di luce
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