Attualità

Tangentopoli il colpo di Stato e le macerie della Repubblica

di Redazione -


di EDOARDO GREBLO e LUCA TADDIO
Recentemente Sansonetti ha titolato “Il Riformista”: “Tangentopoli fu un colpo di Stato”. Al di là delle affermazioni del magistrato Gherardo Colombo su cui si basa l’editoriale, possiamo considerare in questi termini la “rivoluzione giudiziaria” – posto che sia da considerarsi tale – di allora? Scartiamo a priori la tesi del complotto: inutile immaginare una regia occulta in grado di orchestrare l’abbattimento della Prima Repubblica. Al netto di ogni responsabilità individuale, possiamo invece ripensare alla vicenda di “Mani Pulite” a partire dal celebre intervento che Bettino Craxi fece alla Camera il 3 luglio del 1992: sono passati oltre trent’anni da allora, una distanza temporale adeguata per valutare e riesaminare la storia. Il leader socialista sostenne le tesi – implicitamente confermate dal silenzio dell’aula – che il finanziamento politico ai partiti era “irregolare” o “illegale”, che tale modalità irregolare era nota ai presenti e che era una prassi consolidata che vigeva da lungo tempo. Durante il periodo della Prima Repubblica solo Marco Pannella e il Partito radicale denunciarono sistematicamente negli anni il “sistema illegale” della partitocrazia. Da quanto emerso in questi anni sappiamo che una parte di denaro delle tangenti erogate dai grandi enti pubblici e privati riguardava anche il maggiore partito di opposizione, il Partito Comunista. Fino a metà degli anni Ottanta le linee di finanziamento illecito al Partito Comunista provenivano anche da una nazione “nemica”, l’Unione Sovietica (erano gli anni della Guerra Fredda). Tuttavia, nessuno si sognò per questo di accusare il partito di opposizione di “alto tradimento”, né tantomeno di chiedere l’arresto dei suoi dirigenti. Ciò che rimane certo è il peso storico derivante dal fatto di aver avuto in Italia il maggiore partito comunista d’Occidente: la sua presenza determinò la divisione cultural-politica del Paese, rispecchiando così la contrapposizione planetaria tra capitalismo e comunismo.
Craxi sottolinea come nel 1989, caduto il muro di Berlino, vi sia stata “un’amnistia” varata dal Parlamento, che comprendeva il finanziamento illegale alla politica. L’amnistia venne approvata senza resistenze. L’azione di Tangentopoli poté quindi riguardare unicamente gli anni ’89-’92 (anni in cui il finanziamento sovietico al PCI era terminato), ossia le forme di finanziamento illegale ai partiti avvenute in questo arco temporale. L’inchiesta ebbe l’effetto di “cancellare” dalla scena politica i partiti della Prima Repubblica, cioè quei partiti che, paradosso della storia, avrebbero potuto dirsi “vincitori” dopo la caduta del muro di Berlino. Chi rimase fuori da questo tsunami? Per ragioni diverse comunisti e fascisti: i primi iniziarono, da subito, il processo di trasformazione spostandosi verso il centro, mutando nome, pensando di andare, in assenza di avversari, al governo (l’imprevisto fu, come noto, la “discesa in campo” di Silvio Berlusconi che contribuì a sdoganare Fini, e il suo partito, attraverso la candidatura a sindaco a Roma). La Lega cavalcò questo scenario, anche se non mancarono fin dall’inizio le ombre anche sul suo operato, fino a giungere alle inchieste che fecero crollare la Lega di Umberto Bossi.
Il calcolo politico del PCI (e poi del PDS) fu che il consenso dell’inchiesta andava cavalcato, dato che non li avrebbe coinvolti. Mediarono con Craxi l’ingresso nel PSE sapendo che i loro avversari sarebbero da lì a poco stati travolti dall’inchiesta di Mani pulite. I vincitori della storia potevano così venire eliminati per mano della magistratura. L’inchiesta certamente ebbe il merito di gettare luce sulla corruttela e su forme di arricchimento personale basate sul finanziamento illecito ai partiti. Più soldi si portavano ai partiti, più se ne potevano guadagnare trattenendo una percentuale. L’azione moralizzatrice del PCI rispetto al PSI era incentrata tacitamente sul rimprovero che, mentre loro i soldi li portavano al partito (diciamo in nome di un ideale), gli altri invece li utilizzavano per arricchirsi personalmente. Da qui l’idea di una morale “superiore” basata in entrambi i casi su modalità di finanziamento improprie: soldi e finanziamenti illegali. Fare una rapina per dare i soldi ai poveri (per un nobile fine) – si obietterà – non è la stessa cosa che compierla al fine di arricchirsi, tuttavia il reato rimane tale, così come l’illegalità del sistema. Infatti, il dato incontrovertibile è che tutti i bilanci dei partiti di allora erano falsi. Di certo il Partito Comunista non avrebbe potuto scrivere e registrare a bilancio finanziamenti provenienti dalle cooperative, e la stessa cosa vale per le forme di finanziamento illecito degli altri partiti. Tutti sapevano ma nessuno denunciava, perché consapevoli di non essere estranei al sistema – con la sola eccezione dei Radicali. Ma un sistema non si risolve attraverso un’inchiesta. In questo senso fu una “falsa rivoluzione” dato che con la seconda repubblica si è riproposto negli stessi termini. Fu lo stesso Borrelli a dire che “non valse la pena buttare all’aria il mondo precedente per cascare poi in quello attuale”! Possiamo dire che il finanziamento illecito si intensificò in Italia come riflesso della Guerra fredda, e che la prima Repubblica cadde sotto le macerie del muro di Berlino?


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