Tangenti per l’Iraq? “Macché, compensi pagati all’estero”
Compensi leciti pagati all’estero per dribblare le imposte, come spiegano i diretti interessati, oppure soldi versati oltreconfine per camuffare tangenti, come ipotizzano i Pm? Mazzette milionarie transitate su depositi cifrati in Svizzera o più semplicemente corrispettivi pattuiti con tanto di contratti su cui non furono pagate le tasse, dunque oggetto di una violazione tributaria, poi sanata? Sono interrogativi pesanti come macigni che non hanno ancora una risposta undici anni dopo l’arresto dell’ex ministro dell’Ambiente Corrado Clini (nella foto), all’epoca dei fatti direttore generale dello stesso dicastero, e dell’ingegnere idraulico Augusto Pretner Calore, per una presunta storia di tangenti (finora mai provate) pagate per il pionieristico “Progetto New Eden” in Iraq, finanziato in parte dal nostro ministero dell’Ambiente per 54 milioni di euro. Ma è la storia anche dell’incubo giudiziario che coinvolge Clini, manager ambientale noto a livello internazionale, difeso dall’avvocato Attilio Soriano, e Pretner Calore, apprezzato professionista assistito da Nicola Pisani, che da più di due lustri hanno visto la loro vita letteralmente stravolta da un’estenuante battaglia processuale ancora in piedi perché aggravata dalla transnazionalità, che è stato il collante giuridico per far tirare avanti le cose, diventata un salasso patrimoniale per i sequestri milionari sugli immobili di Pretner Calore, che aveva i suoi beni al sole perché riteneva di non commettere alcun illecito. Nei giorni scorsi la Corte di Cassazione, presieduta da Ercole Aprile, ha depositato i motivi di accoglimento del ricorso degli imputati, che hanno rinunciato alla prescrizione per essere giudicati nel merito. I Supremi Giudici contestano alla Corte d’Appello di Roma, che applicò agli imputati la prescrizione dopo la condanna in tribunale a 6 anni di reclusione, di avere commesso ben quattro errori. Il primo nell’eventuale qualificazione del reato: dall’iniziale peculato si è passati alla presunta corruzione senza motivare se propria o impropria; il secondo errore è stato commesso nell’applicazione dell’aggravante della transnazionalità, senza la quale il procedimento sarebbe stato prescritto in primo grado e i sequestri civili chiesti dallo Stato sarebbero venuti meno; quindi la Corte d’Appello non ha chiarito se la confisca fosse “diretta o per equivalente”, ma in questo secondo caso non sarebbe applicabile perché il supposto reato fu consumato prima dell’introduzione dell’art. 578 bis del codice di procedura penale; infine, per la Cassazione non è stata motivata la quantificazione del paventato danno subito dallo Stato, perché la reale destinazione dei 3,1 milioni di euro sequestrati (2 milioni a Pretner Calore e 1 a Clini) non è stata finora verificata nel merito. Cioè se erano compensi leciti, ma pagati in Svizzera per evadere le imposte, come hanno ripetuto gli imputati. Quanto poi alla ipotetica quantificazione del danno all’immagine patita dello Stato e stabilita in 1 milione di euro, è priva di criteri oggettivi. Ecco perché la Cassazione scrive che “la sentenza impugnata si presenta gravemente deficitaria sia in merito al canone di giudizio adottato che alla motivazione posta a fondamento della dichiarata prescrizione del reato”. La Corte territoriale, ad avviso dei Supremi Giudici, “si è limitata ad affermare – in termini apodittici – che né dalla sentenza impugnata né dai motivi d’appello, emerge con evidenza la prova dell’innocenza degli imputati”. Ma il punto fondamentale è che giudici d’Appello non hanno risposto “alle doglianze relative alla configurabilità del reato e, soprattutto, alla qualificazione giuridica della condotta”. Sul conto di Clini sebbene fosse un funzionario pubblico e quantunque non fosse autorizzato dal ministero, non è stata valutata la discrezionalità degli atti da lui compiuti, oggetto di contratti e di accordi internazionali nell’ambito del progetto gestito inizialmente dalla Ong Iraq Foundation, e poi dalla società Nature Iraq, per il ripristino delle paludi della Mesopotamia e la designazione a parco nazionale e Patrimonio Mondiale dell’Unesco. Un progetto in cui lo Studio Galli di Padova, di cui era socio l’ing. Pretner Calore, ebbe un ruolo decisivo per l’accuratezza delle realizzazioni riconosciute anche dalle Nazioni Unite. Come possa essere derivato un danno d’immagine all’Italia da un’opera plaudita all’estero è mistero: un’apparente contraddizione. Si spiega perché Clini e Pretner Calore hanno rinunciato alla prescrizione per dimostrare la loro correttezza.
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