Attualità

Tangenti a Venezia? “Erano consulenze” La difesa di Boraso

di Ivano Tolettini -


Un interrogatorio fiume, quello dell’ex assessore alla Mobilità di Venezia Renato Boraso (nella foto), in carcere dal 16 luglio per corruzione, durato per l’intera giornata di ieri. E destinato a proseguire perché non sono stati esauriti tutti i punti della complessa indagine che ha molti filoni. “Non ho fatto mercimonio della mia funzione, le consulenze non erano tangenti e posso dimostrarlo” è in sintesi la linea del Piave sostenuta dall’ex amministratore (si è dimesso dopo la cattura) della giunta di Luigi Brugnaro, finito nella bufera nella maxi-inchiesta che sta mettendo a dura prova la tenuta del governo locale, poiché è indagato a piede libero anche il primo cittadino e sono coinvolti alcuni amministratori e dirigenti pubblici. Il 58enne Boraso, difeso dall’avvocato Umberto Pauro, ha cominciato a rispondere alle domande dei sostituti procuratori Roberto Terzo e Federica Baccagli, coordinati dal Procuratore capo Bruno Cherchi, spiegando che le consulenze emesse dalle sue società, tra cui la Stella Consulting, e fatturate regolarmente riguardavano specifici aspetti finanziari che non coinvolgevano il suo ruolo di assessore. Una linea difensiva che si scontra con quella della pubblica accusa per la quale Boraso avrebbe garantito ad imprenditori a lui vicini “gare su misura” e atti urbanistici a loro favorevoli in cambio di denaro. Una decina di provvedimenti che hanno fatto scattare perquisizioni in Comune e anche nella sede della mobilità lagunare Avm/Actv da parte della Guardia di Finanza di Venezia in seguito alle misure cautelari firmate dal gip Alberto Scaramuzza. Questi sul conto dell’ex assessore scrive che “ha sistematicamente mercificato la propria pubblica funzione, svendendola agli interessi privati” di imprenditori di riferimento. Boraso, come detto, ha negato e puntualizzato a sua discolpa. Gli indagati sono una trentina e in carcere oltre a Boraso era finito l’imprenditore Fabrizio Ormenese come presunto corruttore. Mentre ai domiciliari erano stati collocati oltre ad Alessandra Bolognin, direttore generale della municipalizzata IVE, gli imprenditori Daniele Brichese, Carlotta e Francesco Gislon, Marco Rossini, Filippo Salis e Matteo Volpato. A carico di altri sei uomini d’affari, Gaetano Castellano, Stefano Comelato, Helio Costantini, Sergio e Stefano Pizzolato, e Francesco Piccolo, il gip aveva firmato l’interdizione all’esercizio di attività imprenditoriali per un anno. La vicenda scuote i palazzi del potere di Venezia anche perché è coinvolto per concorso in corruzione il sindaco Luigi Brugnaro. Con lui il suo capo di gabinetto e direttore generale del Comune, Morris Ceron e il vicecapo di gabinetto, Derek Donadini, che non sono stati colpiti da misure cautelari. Boraso si difende nel merito delle numerose fatture che gli sono contestate come tangenti, dopo avere letto nei trenta giorni trascorsi in carcere tutti i documenti che la Procura ha messo a disposizione della difesa. Ci sono anche le intercettazioni con la ormai famosa sfuriata di Brugnaro in cui metteva in guardia il suo assessore dalle voci che sentiva sul suo conto secondo cui chiedeva denaro. I magistrati hanno chiesto a Boraso anche dell’affare “I Pili”, la grande area di Marghera situata prima del ponte della Libertà e di proprietà di società del sindaco Brugnaro. I pm ipotizzano che il capo e il vicecapo di gabinetto, Ceron e Donadini, “concordavano con (l’imprenditore di Hong Kong che avrebbe voluto acquistare l’area) Chiat Kwong Ching, il versamento di 150 milioni di euro in cambio della promessa di far approvare, grazie al loro ruolo nell’ente comunale, il raddoppio dell’indice di edificabilità sui terreni in questione e l’adozione di tutte le varianti urbanistiche che si sarebbero rese necessarie per l’approvazione del progetto edilizio ad uso anche commerciale e residenziale della volumetria di 348.000 mq che sarebbe stato approntato e presentato da una società di Ching”. L’area era stata acquistata da Brugnaro per 5 milioni di euro molti anni prima. Inoltre, i Pm vogliono chiedere a Boraso anche del presunto ruolo di Brugnaro, Ceron e Donadini nel “concordare con Ching e Luis Lotti (rappresentante in Italia di Ching) la cessione del palazzo comunale Poerio Papadopoli per oltre 10 milioni di euro, inferiore al valore di 14 milioni, attraverso l’esercizio dei loro poteri amministrativi volti alla riduzione del suo valore di stima al fine di facilitare le trattative con Ching e Lotti per la cessione del terreni di proprietà di Brugnaro, denominati I Pili”. L’interrogatorio proseguirà nei prossimi giorni.


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