Per Abbonati

Svolta autonomista ma il referendum sarà a rischio ammissibilità

di Ivano Tolettini -


Autonomia e ricorsi, ma davvero ci sarà spazio per indire un referendum? Se è vero che alcune Regioni ipotizzano di ricorrere alla Consulta per il cosiddetto vaglio di legittimità costituzionale, è davvero credibile che contro il regionalismo differenziato appena varato dal Parlamento si aprano spazi di ammissibilità per convocare il popolo italiano a pronunciarsi su una riforma voluta in primis dalla Lega, ma fortissimamente da tutto il centrodestra, pronto adesso a marciare unito sul premierato e sulla separazione delle carriere dei magistrati requirenti e giudicanti? Dopo l’approvazione del disegno di legge Calderoli la scorsa settimana, il dibattito tutto interno al mondo della politica si sposta anche sulla variabile referendaria, con inevitabili letture divergenti. Ad invitare tutti alla cautela è il prof. Mario Bertolissi (nella foto), costituzionalista emerito dell’Università di Padova, capo della delegazione veneta incaricato dal governatore Luca Zaia di trattare l’autonomia con Roma. “La giurisprudenza della Corte costituzionale – spiega ai cronisti che l’interpellano – esclude quesiti referendari su leggi che influenzano la finanza pubblica”. Come dire, attenzione come fanno le opposizioni compatte in questi giorni a sostenere agguerrite che con la raccolta delle firme si andrà diretti al referendum abrogativo. Certo, l’orientamento dei supremi giudici della Consulta è mutato più volte nel corso dei decenni, anche se la giurisprudenza prevalente escluderebbe i referendum su leggi tributarie e di bilancio. Lo sventolio di bandiere da parte delle Regioni del Nord, che ripetono che la riforma non nutre la disgregazione nazionale o lo spacca-Italia come ripetono come un mantra le opposizioni al governo di Giorga Meloni, preclude al miglioramento in prospettiva della finanza pubblica perché tutte le amministrazioni decentrate regionali saranno chiamate a un’assunzione di maggiore responsabilità per rispondere alle aspettative dei cittadini. Tant’è che Luca Zaia, che nell’autunno di quasi sette anni fa chiamò alle urne i veneti che risposero con un plebisicto del 70% favorevoli all’autonomia, sottolinea in questi giorni che bisogna partire subito con le trattative per individuare le materie concorrenti da gestire a Venezia.
Al contrario i presidenti dem di Puglia e Campania, rispettivamente Emiliano e De Luca, hanno ventilato la cosiddetta “impugnazione diretta” a difesa dell’unità nazionale che sarebbe minata dalla riforma. Sul punto il prof. Bertolissi è piuttosto scettico perché la legge Calderoli è “una norma a contenuto costituzionalmente obbligatoria, poiché attua un principio contenuto nella Carta nell’articolo 116, terzo comma, Titolo V”, modificato dal centrosinistra ancora vent’anni fa. Pertanto in teoria, anche in caso di abrogazione, dev’essere sostituita da una legge diversa ma non totalmente cancellata, com’è tipizzato dal referendum abrogativo, “perché in sua assenza diventerebbe impossibile valorizzare la clausola costituzionale con danno alle regioni coinvolte”. Sulla questione Bertolissi è particolarmente ferrato perché si parla di quella che i giuristi costituzionali individuano come l’”ipotesi implicita di inamissibilità”, che è individuata dalla sentenza del 1978 la numero 16 che venne scritta materialmente dal costituzionalista Livio Paladin, presidente della Consulta nel 1987, maestro proprio di Bertolissi. Al di là delle posizioni di bandiera tra chi paventa il sorgere di staterelli con interessi divergenti e chi, all’opposto, preconizza l’uscita dal Medioevo burocratico centralista come i leghisti, la riforma Calderoli non sottrarrà al governo la possibilità di esercitare in qualsiasi momento una legittima supremazia rispetto alle regioni, “limitando o revocando le deleghe – osserva il prof. Bertolissi -, col Parlamento che avrà comunque il potere di bocciare gli accordi raggiunti prima che diventino esecutivi”. Insomma, la sfida del regionalismo al di là delle tante parole non è ancora cominciata, perché soltanto con l’assunzione delle responsabilità delle 23 materie (tutte o in parte), una volta definiti i Lep per quelle materie che lo prevedono, si inizierà a misurare l’effettiva portata della grande svolta autonomista. Dopo che il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, l’avrà promulgata entro un mese dall’approvazione.


Torna alle notizie in home