Storie

“Ho avuto una bella vita”, il commovente addio di Sven Goran Eriksson

di Giovanni Vasso -


“Ho avuto una bella vita”: così Sven Goran Eriksson si congeda. L’ultimo messaggio pubblico del tecnico svedese, ex Roma, Fiorentina, Sampdoria e Lazio, già commissario tecnico dell’Inghilterra ha commosso il mondo, non solo quello del calcio. Il mister è apparso nel documentario Sven, pubblicato da Amazon Prime, e a lui dedicato. A gennaio scorso, Eriksson aveva resa nota la diagnosi di un cancro incurabile al pancreas che gli avrebbe lasciato circa un anno di vita. “Non siate dispiaciuti. Sorridete. Grazie di tutto: allenatori, giocatori, pubblico. È stato fantastico. Prendetevi cura di voi stessi, della vostra vita e vivetela fino in fondo”, dice nel filmato l’allenatore. Che non ha nulla da rimpiangere: “Ho avuto una bella vita. Penso che tutti noi abbiamo paura del giorno in cui moriremo ma la vita riguarda anche la morte. Dovete imparare ad accettarla, per quello che è”. Una speranza, forse un ultimo desiderio, Sven Goran Eriksson ce l’ha, ma già immagina che non sarà esaudito: “Speriamo che alla fine la gente dica: ’Sì, era un brav’uomo’. Ma non tutti lo diranno, spero che mi ricorderanno come un uomo positivo”. Eriksson è stato tra i protagonisti assoluti del calcio italiano per quasi tre decenni. Dagli anni ’80 fino ai Duemila, il tecnico ha allenato alcune delle squadre più belle e iconiche del pallone nostrano. Quello che, ancora oggi – anzi, mai come oggi – si rimpiange con nostalgia. Dopo la “gavetta” in Svezia e un’esperienza più che esaltante al Benfica, Eriksson approda in Italia alla guida della Roma. Allena i giallorossi dall’84 e fino all’87 quando porta la squadra, all’esito di una furibonda rimonta ai danni della Juventus del Trap, quasi a vincere lo scudetto che, però, s’infranse sul gol di Paciocco e la sconfitta patita contro il Lecce già retrocessa. Passa alla Fiorentina che allena fino al 1989 ma lascia il posto quando s’accorge che i Pontello venderanno Baggio (e tanti altri) per tentare di fare cassa, ridimensionando le ambizioni del club. Dopo il ritorno in Portogallo, Eriksson arriva alla Sampdoria post-scudetto. Guida i blucerchiati nell’ultimo periodo dell’era Mantovani fino al ’99. Quando arriva alla Lazio e, finalmente, si scrolla di dosso l’etichetta di perdente di lusso che gli era stata affibbiata da anni. Coi biancocelesti vince finalmente lo scudetto sfuggito per tanti campionati. Arriva la chiamata dall’Inghilterra, per la nazionale dei Tre Leoni. Cinque lunghe stagioni condite da esultanze, veleni e polemiche. E gossip, tantissimo gossip. Dopo l’esperienza inglese, inizia la sua parabola discendente che comincia col Messico e arriva ai club cinesi, quando Xi (molto prima di Mohammed bin Salman con Roberto Mancini e il campionato saudita) decise di fare di Pechino una potenza sportiva anche nel calcio. Fallendo, ma questa è un’altra storia.


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