Stupro a Palermo, condannati i componenti del branco
Stupro a Palermo, arriva la condanna per la violenza di gruppo della notte del 7 luglio 2023 al Foro Italico del capoluogo siciliano. Sette ragazzi violentarono una ragazza di 19 anni, oggi la sentenza emanata dalla seconda sezione penale del Tribunale. Il collegio, presieduto da Roberto Murgia, ha condannato per violenza sessuale aggravata i sei imputati maggiorenni: 7 anni di carcere per Angelo Flores, Christian Maronia, Gabriele Di Trapani e Elio Arnao; 6 anni e 4 mesi per Christian Barone e 4 anni per Samuele La Grassa, l’unico che non avrebbe preso parte attivamente allo stupro.
Un processo che si è svolto con il rito abbreviato e che quindi registra una riduzione di un terzo della pena: la Procura aveva chiesto la condanna a 12 anni di carcere per tutti tranne che per La Grassa per cui la richiesta era stata di 10 anni e 8 mesi. Il settimo componente del gruppo, R.P., l’unico allora minorenne, era già stato condannato dal Gup del Tribunale dei minori a 8 anni e 8 mesi. Una condanna confermata in Appello poche settimane fa.
Per l’accusa non ci sono mai stati dubbi: quello che avvenne quella notte d’estate, in un cantiere abbandonato del Foro Italico, fu uno stupro di gruppo. Diametralmente opposta la linea tenuta dalla difesa per la quale la ragazza era consenziente.
I fatti. E’ la notte del 7 luglio del 2023 quando il gruppo incontra la vittima, allora 19enne, nei locali della movida della Vucciria. Lei è insieme ad un’amica che però andrà via presto. Il punto di contatto è Angelo Flores: lui e la vittima si conoscono, hanno già avuto rapporti e lei – racconterà dopo – ha persino pensato di lasciare il suo fidanzato per lui. Sarà lui, Flores, che con il telefonino filmerà lo stupro e lo invierà ad altri amici, motivo per il quale per il 23enne è stato chiesto un altro rinvio a giudizio per il reato di revenge porn.
Il gruppo e la vittima bevono qualche cocktail, chiacchierano. Poi le immagini delle telecamere di videosorveglianza riprendono il branco camminare sorreggendo la ragazza, barcollante a causa dell’alcol, fino a un cantiere abbandonato del Foro Italico. In sei la violentano a turno. La Grassa è l’unico a non prendere parte attivamente alla violenza. Lei si accascia per il dolore, grida “Basta”, ma la prendono a schiaffi e calci per farla rialzare e continuano. Flores, il ragazzo che conosceva, filma tutto con il telefonino. Poi la rivestono. Lei chiede di chiamare un’ambulanza ma loro ridono e la lasciano su una panchina del Foro Italico. A soccorrerla saranno due passanti.
“A me dispiace molto che questi giovani rischino una condanna molto alta, ma chi sbaglia paga – aveva detto l’avvocato della vittima Carla Garofalo dopo la requisitoria e le richieste di condanna da parte della Procura – Nessuno dei giovani ha chiesto scusa alla vittima. E’ stata letta una lettera da parte di uno di loro nella quale è stato chiesto scusa alla mamma, alla sorella, alla fidanzata. Nessuna parola per chiedere scusa alla vittima”.
Due settimane fa la Corte di appello ha confermato la condanna in primo grado a 8 anni e 8 mesi per R.P., il settimo componente del branco, minorenne all’epoca dei fatti. Nel processo di primo grado, svoltosi con rito abbreviato, la Procura aveva chiesto una condanna a 8 anni. Il Gup l’ha portata a 8 anni e 8 mesi: “La consapevolezza della sopraffazione fisica conseguita dal gruppo – ha scritto nella motivazione della sentenza – l’accanimento dimostrato pur a fronte della tragica condizione della giovane, stremata tanto da perdere ripetutamente i sensi, il compiacimento per l’azione compiuta, risaltano con evidenza tale da non esigere esplicazione alcuna né commento e danno compiuta ed allarmante contezza della materialità del fatto e della intensità del dolo dell’imputato”. Anche per R.P. la linea della difesa era stata quella di sostenere che il rapporto sessuale era stato consenziente. Subito dopo l’arresto, avvenuto ad agosto 2023, il minorenne aveva confessato e raccontato di essere stato però l’unico ad aiutare la vittima. Il Gip aveva così deciso di affidarlo ad una comunità ma nei giorni successivi il giovane, in chat e con alcuni post sui social, aveva rivendicato lo stupro, arrivando anche a vantarsene. Il giudice aveva così accolto la richiesta della Procura e disposto nuovamente il carcere.
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