Strage nelle fabbriche dei fuochi: quasi cento morti dal 2000
Una strage senza fine, gran parte della quale confinata nelle regioni del Sud (Campania, Sicilia e Puglia) e del Centro (Lazio e Abruzzo), tradizionali patrie dei fuochi d’artificio. Le ultime tre vittime, le gemelle 26enni Sara ed Aurora Esposito e il collega 18enne Samuel Tafciu (nelle foto), morte dilaniate tre giorni fa nell’esplosione di un deposito abusivo a Ercolano il primo giorno di lavoro, hanno fatto riecheggiare frasi che fanno parte del corredo dialettico che trasuda macabra retorica, divenuta insopportabile, a cominciare dal più inossidabile e vuoto dei “mai più”, cui non seguono fatti sostanziali per una prevenzione finalmente efficace, e che accompagnano in questo settore quasi 100 croci a partire dal 2000. Tanti sono i morti, assieme a centinaia di feriti, spesso invalidi per sempre. I tre ragazzi napoletani stavano “incartando” petardi, quando è venuto giù l’intero stabile come fosse stato bombardato. Il corpo dilaniato di Samuel Tafciu è stato pietosamente ricomposto in un giardino a oltre 30 metri di distanza dal luogo della deflagrazione, mentre le salme delle gemelle Sara e Aurora, che guadagnavano 20 euro ciascuna al giorno in nero, sono irriconoscibili. Ieri si è appreso che la Procura di Napoli ha aperto un fascicolo in cui contesta la morte come conseguenza di altri reati. Appunto quello di avere avviato un deposito dei fuochi d’artificio abusivo. Ma presto potrebbe essere presa in considerazione anche l’ipotesi del disastro colposo. Gli investigatori riferiscono ai cronisti che la terribile morte cui sono andati incontro i tre giovanissimi operai della fabbrica abusiva, sarebbe la conseguenza di una serie di altre violazioni in tema di sicurezza dei luoghi di lavoro e detenzione di materiale esplodente. I carabinieri della tenenza di Ercolano hanno identificato per ora un 38enne, che ha intestato l’edificio in cui è avvenuto lo scoppio niente meno alla figlia 13enne che non è imputabile. “Lavoro nero, in una fabbrica «nera» dove la materia prima da maneggiare era la polvere nera. Senza alcun contratto, senza formazione, tre giovani vite spazzate via da un’esplosione che richiama noi tutti a una riflessione profonda”, afferma il presidente del Cnel, Renato Brunetta, aprendo i lavori ieri del convegno «Infortuni sul lavoro: un’emergenza nazionale», dedicato alla presentazione del libro «Lineamenti di diritto penale dell’ambiente e della sicurezza sul lavoro» del vicepresidente del Csm, Fabio Pinelli, e del prof. Alberto Berardi. Gli fa eco il presidente nazionale Anmil (Associazione fra lavoratori mutilati e invalidi del lavoro), Emidio Deandri, che sottolinea come “questa tragedia ha l’amaro sapore di un problema che sembra non risolversi perché ci vede rivivere ogni volta una dramma che abbiamo già vissuto”. Basti pensare che negli ultimi sei anni, tra il 2019 e il 2024, in base alle statistiche Anmil sui dati Inail, in questo settore c’è stata una trentina di decessi e una novantina di lavoratori feriti. Quanto poi al periodo 2000-2018 si rivelano una settantina di morti. A iniziare dalle tre vittime dell’infortunio del 18 maggio 200o a Veroli nel Frusinate per proseguire, tra gli altri, con i cinque morti di Giugliano nel Napoletano il 5 luglio 2004. Mentre nell’esplosione in una fabbrica ad Arpino (Frosinone) il 12 settembre 2011 furono ben sei persone dilaniate. L’episodio più grave avvenne il 24 luglio 2015 a Bruscella di Modugno, in provincia di Bari, quando furono addirittura dieci i morti. “Pensiamo al Pil, ma continuiamo a uccidere e ferire operai, dilaniati, amputati, abbandonati, senza pietà – sottolinea con amarezza Bruno Giordano, magistrato di Cassazione, docente universitario e già direttore dell’Ispettorato nazionale del lavoro (Inail) -, quasi fossero rifiuti di una società senza pietà. Da troppi anni diciamo basta alla retorica davanti alle bare degli operai, che ormai fanno cronaca solo se sono più di tre contemporaneamente, altrimenti sono solo nomi in un obitorio. Questo Paese ha ancora una coscienza quando si parla di operai?”.
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