Ambiente

Stop inceneritori, Zero Waste Ue avvisa Bruxelles

di Angelo Vitale -


Stop inceneritori: quando è troppo, è troppo. Zero Waste Europe, la rete ambientalista che raggruppa 35 realtà e che partecipa al processo decisionale europeo lavorando per un futuro a rifiuti zero, ha pubblicato un rapporto in cui – “senza alcun approccio ideologico”, precisa – evidenzia una forte preoccupazione critica riguardo alle capacità in eccesso per l’incenerimento dei rifiuti nell’Unione Europea.

Da anni, senza aver voluto affermare parole e direttive precise sugli inceneritori, la Commissione europea si è sostanzialmente ritagliata il ruolo di “amico saggio” degli Stati membri, lasciandoli liberi in un’autonomia che ora dimostra tutta la sua impasse. Zero Waste Europe rivela un modello preoccupante di crescita annuale della capacità di incenerimento dei rifiuti, con un surplus che ha già raggiunto i 60 milioni di tonnellate nel 2020 e un potenziale per raggiungere l’incredibile cifra di 220 milioni di tonnellate entro il 2023. Perciò il rapporto sottolinea l’urgente necessità di misure e raccomanda una rivalutazione della posizione dell’incenerimento nella gerarchia dei rifiuti, potenzialmente riclassificandolo come operazione di smaltimento, per promuovere pratiche di gestione dei rifiuti più sostenibili in tutta la regione.

Sessanta milioni di sovracapacità in Europa e 1 milione e 50mila tonnellate in Italia, ove gli inceneritori sono 37. In Lombardia sono 13 e già dieci anni fa Legambiente ne stimava il futuro a 15 anni, cioè oggi, con una decrescita tra il 35 e il 70% di sfruttamento della capacità. Alcuni degli impianti, per quanti ne studiano una evoluzione senza futuro, “sono morti che camminano”, ideati e nati senza mettere in bilancio i costi finali, quelli successivi al loro smantellamento e alle bonifiche complessive che ne derivano.

Un sistema, così come “tira avanti”, che nei fatti frena e rallenta il futuro della raccolta differenziata, alimentato come è da tonnellate di rifiuti indifferenziati (anche perché non correttamente e completamente selezionati) che inglobano innanzitutto i residui della plastica non riciclata. “Producono energia rinnovabile”, afferma l’industry del comparto. Non è rinnovabile – dicono i contestatori della tecnologia dell’incenerimento – ed è responsabile di un gran numero di emissioni di anidride carbonica fossile. Andando contro la tanto ricercata decarbonizzazione e dimenticando che l’impronta carbonica dell’incenerimento sarà soggetta nel 2028, tra poco più di 4 anni, ad una tax della quale non si conosce ancora l’onere.

Invece, in Europa con politiche ogni volta differenti, perché diversificate sono le politiche nazionali di trattamento dei rifiuti, e in Italia ove è ricorrente il pensiero ad immaginare nuovi inceneritori anche di piccola taglia – in Umbria, a Pordenone, a Trento e altrove – si preferisce il rewamping, la rimodulazione degli impianti, la differenziazione della loro alimentazione, acquisendo nel ciclo di produzione dell’energia anche i fanghi di depurazione. Sostenendo addirittura, per questi ultimi, che ne sia migliore destinazione quella per l’incenerimento, a discapito di una migliore ricerca per non disperdere per esempio il fosforo, utile all’agricoltura e minerale raro nel nostro Paese.

Perciò il rapporto chiede un stop inceneritori e sottolinea l’urgente necessità di misure Ue e raccomanda di rivalutare la posizione dell’incenerimento nella gerarchia dei rifiuti, per riclassificarlo potenzialmente come operazione di smaltimento e per promuovere pratiche di gestione dei rifiuti più sostenibili.


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