Stop ai test d’ingresso a Medicina: fare il medico sarà questione di merito
Laurea in Medicina: cosa cambia con lo stop ai test di ingresso
Ci sono medici che non amano essere chiamati eroi, c’è chi non desidera nemmeno che sia usata la parola missione. In parte li capisco, da persona iscritta alla facoltà di medicina, perché i camici bianchi sono spesso e volentieri bistrattati da un Paese a trazione antiscientifica. Diverse sono state le occasioni in cui in Italia è prevalsa la pseudoscienza rispetto alla scienza, e troppe le volte in cui ci si è serviti della attendibilità dei dati da essa portati solo per sostenere la propria tesi. Ma c’è un fuoco che arde nella mente di quei giovani ragazzi che all’inizio, alla domanda “perché hai scelto di fare il medico?”, spesso rispondono “per salvare vite”, perché hanno coltivato sogni negli anni, si sono chiesti più e più volte quale fosse la specializzazione più giusta da intraprendere.
Si vuole provare a scrivere la storia della medicina, tentare, indossando quel camice bianco, di cancellare a suon di bisturi, farmaci e ricerche, il male fisico altrui. Questo tema è tornato più che mai attuale grazie alle parole del leader della Lega Matteo Salvini che, a margine della presentazione del disegno di legge delega per l’abolizione del numero chiuso a medicina, ha detto basta “con i test di ingresso a medicina con la casualità, con le crocette. Dall’anno prossimo basta test, ragazzi e ragazze che si sentono di fare i medici cominciano e dopo i primi esami sarà il merito, la competenza, i voti a decidere chi va avanti e chi invece sceglierà un’altra strada”. Da quanto non sentivamo nominare la parola merito? Da quanto non c’era una spinta propulsiva così forte a non restare dormienti, assopiti nel proprio torpore dettato dalla consapevolezza che tanto il tempo c’è? Spesso ce ne rendiamo conto troppo tardi che quel tempo, invece, non ce lo ridarà nessuno. E in questo senso le dichiarazioni di Salvini sono ineccepibili, nonostante lo sbarramento di sei mesi possa non essere ancora un tempo sufficiente a far emergere debolezze e forze di ogni individuo. Ma è un ottimo inizio, una promessa mantenuta che altro non fa che garantire quella sana competizione volta al progresso. Quello di cui ha parlato il ministro dell’Università e della Ricerca Anna Maria Bernini è “un semestre filtro con esami caratterizzanti, i cui risultati saranno comunque riconosciuti per percorsi formativi alternativi”. La riforma non si limita poi ad abolire il numero chiuso, ma prevede anche un sistema di orientamento per gli studenti degli ultimi anni delle scuole superiori, con percorsi specifici per favorire l’ingresso nelle facoltà medico-sanitarie. In più gli esami sostenuti durante il primo semestre, anche in caso di mancata ammissione al secondo anno, saranno riconosciuti come crediti formativi per altri corsi di laurea.
Ma sembra non essere dello stesso avviso l’Ordine dei Medici, che esprime la propria perplessità attraverso le parole di Filippo Anelli, il presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici (Fnomceo): “Al governo chiediamo di riflettere sulla questione del numero chiuso a Medicina. È una scelta che non risolve i problemi, ma può complicarli e peggiorare il futuro dei giovani che scelgono di indossare il camice bianco”. Sottolinea come “nel 2030, arriveremo a un’inversione del rapporto con un numero di medici disoccupati elevato”. Il numero della disoccupazione dei medici però, figure di cui storicamente si è sempre manifestata carenza, dovrebbe far riflettere su un problema culturale. Questo riguarda la sfiducia collettiva nei confronti dei camici bianchi, a favore, invece, di figure mistiche come gli psicanalisti che troppo spesso si arrogano la targhetta di “scienziati” quando di scientifico non hanno nulla. In Italia servirebbe una battaglia seria e strutturata contro le pseudoscienze che sono il peggior abbaglio per la popolazione. A differenza di quanto sosteneva Marx, sono le forme di finta scienza il vero “oppio dei popoli”. Ma non possiamo pretendere molto, visto che si parla di Freudo-Marxismo, che unisce le teorie di Freud a quelle di Marx. Appunto, è un problema culturale.
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