PRIMA PAGINA-Stipendio ministri, da sinistra la solita strumentalizzazione
Continua a far discutere l’aumento dello stipendio per i ministri non parlamentari. Di certo la legge di Bilancio in discussione nelle commissioni a Montecitorio non è una di quelle manovre etichettabili come “lacrime e sangue”, sebbene senza dubbio, come si suol dire, la coperta è corta e c’è poco margine per fare entrare nel testo ulteriori misure particolarmente imponenti. Non a caso sulla riduzione di 2 punti percentuali della seconda aliquota Irpef resta ancora un grosso punto interrogativo e resta legata agli introiti che arriveranno nella casse dello Stato grazie alla riapertura dei termini per aderire al concordato preventivo. Ragionevolmente, però, della misura a favore del ceto medio tanto cara in particolare a Forza Italia se ne parlerà solamente il prossimo anno. Un esempio che restituisce l’idea del contesto nel quale si sta lavorando per definire il testo della Manovra che, secondo la deadline che si è data la maggioranza, dovrebbe essere licenziata dall’Aula della Camera venerdì per poi essere trasferita al Senato. Un contesto che negli ultimi giorni risulta particolarmente rovente per le frizioni emerse a seguito della decisione di aumentare gli stipendi di ministri e sottosegretari non parlamentari per equipararlo a quello dei colleghi che, oltre a ricoprire un incarico di governo, sono anche deputati o senatori. Una scelta, come si sottolinea da più parti tra gli ambienti della maggioranza, indotta dalla volontà di garantire uniformità di trattamento a tutti i componenti dell’esecutivo che però è stata stigmatizzata e, come sempre, strumentalizzata da parte delle opposizioni. Forse è vero che il tempismo con il quale si è deciso di procedere con questo aumento lascia a desiderare, soprattutto perché, come detto, la coperta è corta e si tratta per ogni singolo intervento, con molte misure che alla fine resteranno fuori dalla legge di Bilancio. Ciò posto, al di là della bontà della nuova norma, alla luce del suo costo, alcune posizioni sono francamente insostenibili. A conti fatti questo aumento, che dovrebbe interessare 18 componenti del governo, tra i quali 8 ministri, costerà in totale all’incirca un milione e mezzo di euro l’anno. Una cifra sicuramente considerevole per un cittadino, ma altrettanto certamente irrisoria per quanto riguarda il Bilancio dello Stato. Ciò, ovviamente, non vuol dire che si possono spendere anche male le risorse a disposizione, ma è chiaro che alcuni toni particolarmente gravi utilizzati contro questo aumento sono oggettivamente risibili. Giuseppe Conte, per esempio, ha urlato allo scandalo perché invece di introdurre il salario minimo o un aumento considerevole delle pensioni si sarebbe preferito alzare lo stipendio dei ministri. È però evidente che il paragone è semplicemente inesistente, perché la portata economica di queste misure non è in alcun modo comparabile, senza contare che la critica è stata mossa da chi ha lottato strenuamente per il Superbonus che ha rischiato di mandare all’aria i conti pubblici. Se bastasse un milione e mezzo di euro per incrementare le pensioni ci sarebbe un incremento al mese, al di là di chi si trova al governo. Se questa cifra fosse anche solo lontanamente un parametro di riferimento per introdurre il salario minimo, al di là di come la si pensi sulla misura in sé, da decenni non ci sarebbero più occupati sottopagati. E lo stesso vale per gli argomenti che sta utilizzando il Pd, con Elly Schlein che chiama in causa addirittura la sanità pubblica. Vale la pena di ricordare che la sanità italiana ha raggiunto un costo che supera i 130 miliardi di euro l’anno. Praticamente quasi mille volte in più della cifra destinata all’aumento dello stipendio per i membri del governo. Utilizzare questi argomenti significa solo cavalcare la solita onda lunga del populismo e fomentare il sentimento dell’antipolitica che, a ben guardare, non fa altro che danneggiare le istituzioni. Non essere d’accordo è legittimo, considerare questo aumento come uno spreco è ragionevole, ma sostenere che si sottraggono risorse con le quali si sarebbero potute cambiare le sorti dei pensionati italiani o della sanità pubblica è una posizione che fa cadere le braccia.
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