Economia

Stellantis giù le stime: il titolo crolla in Borsa e rispunta Renault

di Giovanni Vasso -

John Elkann, ormai ex presidente di Gedi


Il Dies Irae è arrivato anche per Stellantis: i manager riducono le prospettive di bilancio e pubblicano la nuova guidance 2024 che, nei fatti, si traduce in un profit warning, una sorta di avviso, urbi et orbi, che i guadagni, quest’anno, andranno peggio di quanto preventivato. I mercati s’infuriano e squillano le trombe del Giudizio (pessimo) sul titolo che, sprofondando, trascina con sé Piazza Affari. La tempesta perfetta si abbatte sul colosso dell’automotive mentre, all’orizzonte, si affaccia l’ipotesi (o lo spettro oppure il miraggio, a seconda dei punti di vista) della fusione con Renault. Che contribuirebbe a fare dell’ex Fiat, meglio dell’attuale Stellantis, una sorta di ennesimo Super-sayan (sempre meno) italo (e sempre più) francese del comparto auto.

Il giorno della rabbia per Stellantis, è arrivato in mattinata. Tutto è iniziato con la pubblicazione di una nota. Piena, infarcita, di numeri. Che non hanno convinto il mercato, anzi l’hanno terrorizzato. Tutta colpa della Cina, affermano i manager: “Il deterioramento nelle condizioni globali del settore si traduce in una previsione di mercato per il 2024 ad un livello inferiore rispetto all’inizio dell’anno mentre le dinamiche competitive si sono intensificate per effetto sia della maggiore offerta sia dell’accresciuta concorrenza cinese”. Ma anche, se non soprattutto, dell’America. I dati flop sul mercato statunitense hanno costretto Stellantis ad “accelerare” il piano di normalizzazione dei livelli di stock negli Usa: la rete di vendita americana non avrà a disposizione più di 330mila unità in giacenza entro la fine di quest’anno. Ciò comporta la riduzione delle consegne ai concessionari: saranno tagliati almeno 200mila veicoli (il doppio rispetto alla guidance precedente). Fin qui nulla di irreparabile, almeno per gli investitori di Borsa. Si sa, che, per loro, l’importante è tagliare. Ma sono altri i tagli annunciati da Stellantis che hanno scatenato il panico sui mercati. L’aspettativa aggiornata sul margine risultato operativo adjusted è attesa tra il 5,5% e il 7% per tutto il 2024. In vistoso calo rispetto al precedente double digit. Ciò è dovuto al flop negli States, da un lato, e alle vendite in rallentamento in altre Regioni del mondo. Finita qui? Macché: il free cash flow industriale, ovvero il flusso di cassa (o liquidità se preferite) che rappresenta uno dei parametri che più svela, più di mille comunicati, se un’azienda sarà in crescita o no è in caduta libera e passa da “positive” a un flusso in perdita, rispetto alla valutazione precedente, stimata in un range tra i -5 e i -10 miliardi di euro.  “Ciò riflette principalmente il minor Risultato Operativo Adjusted atteso così come l’impatto del capitale circolante temporaneamente più alto nel secondo semestre del 2024”, spiegano da Stellantis. Che dà appuntamento all’anno prossimo: “Il Gruppo continuerà a far leva ed espandere i propri differenziatori competitivi ed è convinto che le azioni di recupero poste in essere si tradurranno in performance operative e finanziarie più robuste nel 2025 e oltre”. Sì, ma i mercati non ce l’hanno tanta pazienza. E si chiedono cosa accade adesso. Una prima risposta è arrivata dall’analisi dei numeri che sembrano promettere dividendi a picco e buyback rimpicciolito agli azionisti. Che, così, hanno deciso (in massa) di disfarsi delle loro partecipazioni. Tanto è bastato, dunque, per scatenare il panico, il Dies Irae di Stellantis. A Milano, Stellantis ha registrato perdite a doppia cifra. A mezzogiorno il crollo sfiorava il 14% mentre nel primo pomeriggio la parabola discendente ha portato le azioni a perdere fino al 15%. I conti sono tremendi. Già, perché la brusca frenata in Borsa non è la prima da qualche tempo a questa parte. In appena sei mesi, secondo diverse stime, Stellantis ha perso qualcosa come trenta miliardi di capitalizzazione. Per capirci, si tratta di una cifra pari a quella che serve al governo per adeguare all’inflazione tutti i salari della pubblica amministrazione. Una montagna di denaro. Che fa tornare d’attualità il “gossip” finanziario. Vuoi vedere che Stellantis, messa alle corde dai cinesi, ora si ritroverà a dover accettare la corte di Renault per giungere a un matrimonio affollatissimo tra due colossi che gestirebbero, in tutto, ben diciotto brand? Pare che un incontro sia già in programma, il 15 ottobre prossimo, per ragionare dell’ipotesi. Il Sole 24 Ore riferisce pure di una sponda tedesca che porterebbe al tavolo delle trattative il gigante bavarese di Bmw. Potrebbe recitare un ruolo chiave nella vicenda Luca De Meo, oggi Ceo Renault, dato per papabile alla sostituzione di Carlos Tavares (notoriamente scettico quando si parla di fusioni) nel 2026. Ma un’eventuale intesa sancirebbe l’addio (definitivo) di Stellantis all’Italia. Lo Stato francese, che detiene il 6,2% nel gruppo italofrancese (per effetto delle partecipazioni in Psa), salirebbe a quote più elevate di capitale dal momento che possiede il 15% di Renault. Il gruppo ha appena ceduto il 5% agli alleati giapponesi di Nissan (per 494 milioni di euro) con l’obiettivo di accelerare rispetto al piano di ripiano del debito. Le difficoltà di Stellantis hanno riportato in auge l’ipotesi di cui si parla fin da febbraio scorso e che, seppur  nei giorni scorsi era stata pur seccamente smentita da John Elkann in persona, ha rapidamente guadagnato quota.


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