Stalingrado Caporetto Puglia
Michele Emiliano, governatore della regione Puglia ©imagoeconomica
Stalingrado? No, Caporetto. Le dimensioni epocali della sconfitta del centrosinistra sono tutte nel risultato della Puglia, la Regione da cui sarebbe dovuta partire la “resistenza” all’avanzata delle destre. Su 17 collegi uninominali ben 16 sono andati al centrodestra. Meloni e alleati hanno ottenuto, tra Camera e Senato, il 41 per cento. La furiosa macchina da guerra di Pd e soci, a poco più del 22%, si salva solo per un pelo dal doppiaggio ma non dal sorpasso del M5s che sfiora il 28% e conquista a Foggia l’unico uninominale che il centrodestra ha lasciato agli avversari. Il bellicoso Michele Emiliano si sognava novello Čujkov, ma si è scoperto ennesimo Cadorna però con l’Ofanto al posto del Tagliamento. E perciò se la prende con Letta, bofonchiando di errori sulle alleanze.
Male al Pd va anche in Campania. Vincenzo De Luca registra, per la seconda tornata politica di fila, una clamorosa sconfitta domestica nel fortino salernitano. Se questa volta il figlio Piero era in cima al listino proporzionale, uno dei pretoriani storici del presidente della Regione Campania, Fulvio Bonavitacola, già deputato e vicepresidente della giunta regionale, le ha buscate all’uninominale contro il carneade centrista Pino Bicchielli.
Peggio va a Napoli, che ha premiato il M5s. Sergio Costa ha battuto senz’appello Luigi Di Maio nel collegio che si riteneva blindato di Fuorigrotta. Male anche il ministro uscente per il Sud Mara Carfagna col Terzo Polo che, insieme all’ex responsabile degli Esteri, saluta il Parlamento. L’onda lunga del voto, a Napoli, si farà sentire. Eccome. A cominciare dal Comune dove il sindaco Gaetano Manfredi governa col sostegno di una grosse koalitionen imperniata proprio sull’abbraccio dem-grillini. La giunta comunale resisterà allo scossone elettorale o sarà necessario qualche rimpasto per garantire la tenuta in consiglio dell’amministrazione?
Infine, un’altra curiosità campana: il fallimento senz’appello di Noi di Centro, l’Udeur 2.0 che avrebbe dovuto frenare (almeno) nel Sannio la calata dei barbari “dal Nord e dal Centro”. Clemente Mastella non tiene nemmeno a Benevento, vinta dal centrodestra. Sandra Lonardo finisce quarta con meno di 22mila voti.
Tracollo significativo in Basilicata, per il centrosinistra, che si piazza terzo. Forse è stato anche per questo se il lucano Roberto Speranza s’è rifugiato nel plurinominale a Napoli dove s’è ritrovato eletto. Idem in Molise, in Abruzzo c’è stato uno scatto d’orgoglio ma il centrosinistra finisce più che doppiato dal centrodestra (48 a 21 per cento). Vittoria netta anche in Sardegna (40% a 27%) con i pentastellati al terzo posto. In Calabria, per il Pd è la dèbacle. Se il centrodestra vince Camera e Senato con più del 40% dei consensi, il sorpasso dei pentastellati è fragoroso: Conte e i suoi staccano di oltre dieci punti tutta la coalizione di Letta e compagni (29 a 18). In Sicilia va persino peggio: nel collegio occidentale, il M5s quasi doppia il centrosinistra.
Tuttavia chi ha davvero vinto le elezioni al Sud è stata l’astensione. La Regione meridionale con la partecipazione al voto più rilevante è stata la Sicilia dove s’è recato alle urne poco più del 57% degli elettori, la quota più bassa in Calabria con il 50,8% degli aventi diritto. Un disastro senz’appello. Solo Giuseppe Conte ha puntato sul Mezzogiorno ma lo ha fatto male. L’appello alla difesa del reddito di cittadinanza, ha salvato il M5s dal flop annunciato ma non ha smosso granché dall’astensione dal momento che, un meridionale su due ha preferito disertare le urne. E chi è andato a votare lo ha fatto per il centrodestra. La verità è che la politica, non occupandosene, ha snobbato il Mezzogiorno che, freddamente, l’ha ricambiata.
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