Esteri

Sri Lanka, il marxismo di mercato di Dissanayake non spaventa gli investitori. L’analisi di Nunzio Bevilacqua

di Ernesto Ferrante -


Colombo guarda al futuro e si candida ad essere un hub economico strategico. “Il Presidente Anura Kumara Dissanayake conquista lo Sri Lanka dopo una cura, ‘lacrime e sangue’, di quasi due anni da parte una sorta di esecutivo tecnico che ha consentito al Paese di rimettersi in piedi ma ora sarà necessario creare un sentiero di crescita con ‘inclinazione sostenibile’, per un Paese ancora convalescente, con una riduzione dell’austerità sulle classi più deboli e contemporaneamente attrazione degli investimenti esteri dove anche l’Italia potrebbe giocare il suo ruolo pensiamo, tra gli altri, all’indotto dell’energia, a quello della ricezione turistica di alta gamma fino alle infrastrutture portuali”. Nunzio Bevilacqua, giurista d’impresa ed esperto di economia internazionale, fotografa così la recente elezione del primo presidente marxista della storia del Paese insulare dell’Asia meridionale.

Secondo Bevilacqua, “il ‘marxismo’ di Dissanayake, leader dello Janatha Vimukthi Peramuna (Fronte di Liberazione Popolare, JVP) e dell’alleanza socialista Jathika Jana Balawegaya (Potere Popolare Nazionale, JJB), è stato sventolato dalla fazione, da sempre al potere, “più per spaventare un potenziale elettorato con voglia di cambiamento”.

Si tratta della prima volta che un candidato di un partito esterno al bipartitismo tradizionale viene eletto presidente. Anura Kumara Dissanayake ha condotto la sua campagna elettorale con una piattaforma incentrata sull’eliminazione della corruzione e sulla necessità di riformare profondamente il sistema politico, dominato per anni dai principali partiti tradizionali, il Partito della Libertà dello Sri Lanka (Sri Lanka Freedom Party, SLFP) e il Partito Nazionale Unito (United National Party, UNP).

In realtà, osserva il giurista d’impresa, si è convertito da tempo all’economia di mercato anzi ad un mercato più aperto anche di talune economie occidentali, dove vi sia una più ampia partecipazione di concorrenti che possano offrire, ad esempio nel campo delle energie rinnovabili, ma non solo, le migliori condizioni, anche con ricadute ‘sociali’, alla popolazione. Più che marxista lo definirei un socialista moderno”.

E ancora: “C’è un accordo con FMI che prevede alcuni miliardi di dollari in cambio di riforme. Le riforme non possono essere interrotte a metà strada, ma le misure devono essere applicate oggi in maniera più selettiva e meno lineare, come nel precedente governo d’emergenza, per evitare la rabbia sociale e far sì che un processo di sviluppo di un Paese, dalle grandi potenzialità, ma ancora fragile, proceda con i suoi ritmi, inesorabile e non faccia venir meno la fiducia dei mercati internazionali”.

Fiducia, oltre che appoggio, ribaditi anche dalla Banca Asiatica degli Investimenti (ADB) nel recente incontro tra il suo rappresentante nel Paese Takafumi Kadono e il Presidente Dissanayake lo corso 7 ottobre qui nella capitale.

Per Nunzio Bevilacqua, la strada da seguire è per gran parte tracciata: “Oltre al settore delle energie rinnovabili, un vero potenziale per il Paese, si dovrebbe fortificare il settore non solo bancario ma anche finanziario portando a diventare Colombo una piazza finanziaria, competitiva e semplificata, sotto vari punti di vista, rispetto ad altre asiatiche, con un importante indotto sul real estate commerciale, oltre alla creazione di nuove aree economiche speciali su tutta l’isola, anche di dimensioni minori della enorme e ed onerosa Port City Colombo sulla quale già si sta investendo e, rompendo, almeno in parte, un monopolio indiano fino a poco tempo fa indiscusso”.

Non solo partner asiatici. Se il Paese, per varie ragioni non solo geografiche, non può fare a meno dell’India, e la Cina sarà sempre più presente anche con investimenti apparentemente di maggior beneficio per l’isola, conclude l’esperto, la stessa se vuole davvero crescere ed, emancipandosi, diventare un nuovo piccolo polo asiatico dotato di ‘specificità’, non dovrebbe prescindere dall’Europa e l’Italia non dovrebbe attendere ma pensare, da subito, a nuovi ed inediti percorsi di cooperazione economica”.


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