Esteri

Spesa per la difesa Ue, von der Layen chiede di superare il 3% del Pil

di Giuseppe Ariola -


Gli Stati Uniti alzano la pressione e l’Unione Europea prende atto della realtà: i Paesi membri dovranno aumentare significativamente la spesa per la difesa Ue. Alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco, la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, ha annunciato l’intenzione di proporre l’attivazione della clausola di salvaguardia per gli investimenti nella difesa. Questa mossa consentirà agli Stati membri di incrementare la spesa senza incorrere nelle restrizioni di bilancio imposte da Bruxelles. L’iniziativa ha subito trovato il plauso di chi da tempo chiede lo scorporo delle spese militari dai vincoli economici, tra cui la premier italiana Giorgia Meloni. Palazzo Chigi ha definito la proposta “un primo, fondamentale passo nella giusta direzione” e ha sottolineato la necessità di istituire strumenti finanziari comuni per rendere più efficaci gli investimenti. La sola possibilità per i singoli Stati di spendere di più non è sufficiente, soprattutto per quei Paesi con alto debito e margini di bilancio ridotti. Von der Leyen ha evidenziato l’importanza di un approccio coordinato a livello europeo per evitare sprechi e duplicazioni. La spinta a superare la soglia del 3% del PIL per la difesa Ue, accelerata dalle pressioni statunitensi durante la ministeriale NATO, potrebbe generare centinaia di miliardi di euro in investimenti. Tuttavia, questi fondi dovranno essere impiegati in modo strategico, con un controllo rigoroso delle spese e strumenti adeguati per tenere conto delle diverse situazioni fiscali dei Paesi membri. Il Libro Bianco per la difesa, che sarà presentato entro un mese, dovrà fornire soluzioni concrete su come gestire questi investimenti.

Resta però da definire il meccanismo esatto con cui verrà applicata la clausola di salvaguardia. Il Patto di stabilità e crescita prevede due opzioni: una clausola generale, che sospenderebbe le regole per tutti i Paesi in caso di grave recessione (difficilmente applicabile in questo caso), e una clausola nazionale, che consentirebbe invece a ogni Stato di gestire autonomamente l’aumento della spesa. Quest’ultima ipotesi appare la più realistica e potrebbe risultare più accettabile per i cosiddetti “frugali”, i Paesi del Nord Europa notoriamente contrari a un allentamento delle regole di bilancio. Secondo alcune fonti diplomatiche, questi Stati potrebbero faticare ad accettare la deroga, ma preferirebbero comunque lasciare la gestione della spesa in mano ai singoli governi piuttosto che creare un fondo comune europeo. L’attivazione della clausola dovrà essere approvata dal Consiglio UE e avrà inevitabili ripercussioni politiche anche all’interno dei singoli Paesi. In Italia, Forza Italia e Fratelli d’Italia hanno accolto favorevolmente la proposta, mentre i Verdi l’hanno criticata, evidenziando il paradosso di un’Europa che trova fondi per il riarmo ma non per le emergenze sociali, ambientali e la transizione ecologica. Anche il Movimento 5 Stelle e il Partito Democratico potrebbero sollevare obiezioni simili, aprendo un dibattito interno sull’opportunità di privilegiare la difesa rispetto ad altre priorità strategiche.


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