Spendiamo di più per mangiare di meno
SUPERMERCATO COOP, ETICHETTA TRIMESTRE ANTI INFLAZIONE CARRELLO TRICOLORE, PREZZO, PREZZI, SPESA, PREZZO BLOCCATO PRODOTTO RIBASSATO
Spendiamo di più per mangiare di meno. E non è ancora finita. Il carovita ha affamato le famiglie italiane che si sono ritrovate a dover pagare di più per ritrovarsi, nel carrello, meno cibo. I conti dell’Istat non lasciano scampo ai dubbi: nel 2022 la spesa nominale, cioè quanto abbiamo materialmente scucito per comprare, è salita. Ma, rispetto al 2021, la spesa effettiva, cioè quello che abbiamo davvero acquistato, è rimasta sostanzialmente inalterata. Con pericolosi picchi verso il basso. Ma attenzione che il problema, se possibile, è ancora un altro: per fare la spesa e per pagare le bollette, gli italiani hanno attinto, anche per tutto l’anno scorso, ai loro risparmi. Che adesso stanno davvero finendo.
I numeri: la spesa media nel 2022 è stata di 2.625 euro a famiglia. In termini di valore, è salita dell’8,7%. Un salasso. Perché, nel 2021, per comprare le stesse cose, se ne spendevano 2.415 a famiglia. Le medie, però, sono come il pollo di Trilussa. E vanno, perciò, spiegate meglio. La metà delle famiglie italiane non ha speso più di 2.197 euro. La vera stangata, però, è arrivata per quanto riguarda il carrello della spesa e, più precisamente, per il cibo e le bevande. Il comparto alimentari, infatti, ha registrato una variazione annua di prezzo clamorosa: +9,3%. La spesa delle famiglie è salita del 3,3%. Mediamente, ogni famiglia ha speso 482 euro al supermercato. Per tentare di sopravvivere al carovita, poco meno di un nucleo familiare su tre (29,5%), ha riconosciuto di essere stata costretta a rivedere le proprie scelte. Limando le quantità acquistate e scegliendo, consapevolmente, prodotti di qualità inferiore. Insomma, i consumatori si sono fiondati anche quest’anno ai discount che hanno brindato all’aumento degli affari stimato, dall’Istat, in circa il 4,6%. Spendiamo di più per mangiare di meno e peggio.
Se si risparmia sul cibo, va da sé che si risparmia su tutto. Una famiglia su due ha rinunciato, o quantomeno ridimensionato, la spesa per abbigliamento e calzature. La percentuale, al Sud, di chi ha deciso di comprare un paio di scarpe in meno rispetto a un anno fa, sale fino al 58,3%. Tra Nord e Mezzogiorno vige un netto divario dal punto di vista della spesa. Con il Settentrione che spende, in media, 782 euro in più di quanto facciano le famiglie meridionali. Nel 2021, il divario era inferiore e si fermava a 748 euro. Molto più sostenuto, invece, quello tra la spesa delle famiglie italiane e quelle composte da stranieri. La distanza aumenta di ben cento euro: gli italiani spendono, nel 2022, 952 euro in più mentre, un anno prima, il divario non andava oltre gli 850 euro.
A rendere ancora più pesante il carovita c’è il rincaro dei mutui. Oggi, mediamente, la rata che si paga al centro delle aree metropolitane si aggira attorno ai 578,51 euro al mese, scende (pochissimo) a 535,27 euro nelle periferie delle aree metropolitane e si attesta a 528,52 euro nei Comuni fino a 50mila abitanti. Le famiglie su cui grava un mutuo sono circa 3,7 milioni. Altri 4,6 milioni di nuclei familiari, invece, debbono fare i conti con l’affitto. Le cui spese, però, sono nettamente inferiori anche perché non hanno risentito degli effetti delle decisioni Bce sui tassi di interesse. Si va da 376,13 euro medi nelle città medie e piccole fino ai 510 euro mensili per il centro delle aree metropolitane. Chiaramente, si tratta di numeri statistici.
Lo scenario è quello che è. Di un Paese che risparmia, che prova a sfangarla, che rinuncia a quello che può pur tentando di mantenere, per quanto possibile, i livelli di spesa che già aveva prima del Covid e della crisi energetica. Per farlo, le famiglie hanno attinto a quanto sono riuscite a risparmiare negli anni. Ma ora, con i conti corrente che si sono assottigliati, per gli italiani affrontare il carovita diventa una missione impossibile. E il pericolo è che tutto il Paese si avviti in una spirale recessiva. Già, perché negli ultimi anni, a sostenere l’economia italiana, sono stati soprattutto i consumi interni. Se calano, il rischio di un ridimensionamento del Pil e delle speranze di crescita è concreto. E, in questo momento, sarebbe ferale per le chance di ripresa dell’Italia. Anche perché dal mondo continuano a spirare venti di guerra e dall’Europa arriva il vento gelido del rigore, dei tassi alti e dei cordoni della borsa da chiudere. A tutti i costi. Foss’anche quello di travolgere, come già sta avvenendo, le economie reali dei Paesi membri. Spendiamo di più per mangiare di meno. E purtroppo, almeno per il momento, non se ne vede la fine.
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