Attualità

Spara per difendesi, armi sequestrate: “Ma è un sopruso”

di Ivano Tolettini -


Ha difeso la sua azienda dall’assalto notturno di una banda agguerritissima di predoni dell’oro che volevano arrecargli un danno milionario, e non ha esitato a fare fuoco con la pistola, mentre aspettava l’intervento delle guardie giurate e delle forze dell’ordine, per mettere in fuga la decina di delinquenti. L’imprenditore vicentino Robertino Zancan (nella foto), titolare dell’azienda orafa omonima nel piccolo comune di Nanto, sulla Riviera Berica verso il Padovano, che dà lavoro a una sessantina di persone e fattura attorno ai 9 milioni di euro, è finito di nuovo nel mirino dei banditi. “È la sesta volta che succede, l’azienda è la mia vita – afferma -, per questo non ho esitato a tutelarla. Ma lo dico con amarezza e sorpresa, perché mai avrei pensato che le autorità mi sequestrassero le armi regolarmente denunciate. Lo avverto come un sopruso perché se non avessi fatto fuoco il colpo sarebbe andato a segno e sarebbe stato un grosso danno, non solo per me”. La cronaca nera, dunque, torna ad occuparsi dell’azienda Zancan, dopo che dieci anni fa il benzinaio Graziano Stacchio, aveva fatto fuoco e ucciso uno dei rapinatori che armati di kalashnikov cercava di assaltare la gioielleria, mettendo in pericolo commesse e clienti. Un dramma che si era concluso col proscioglimento di Stacchio per legittima difesa, dopo però essere finito sotto inchiesta, suscitando polemiche e interventi politici a più livelli. Il Consigliere regionale di FdI, Joe Formaggio, è stato uno dei primi l’altro giorno ad abbracciare e portare la sua solidarietà a Zancan. “Io sto con Stacchio”, fece scrivere Formaggio su centinaia di magliette che vennero distribuite tra i sostenitori del benzinaio. Stacchio che ha ripetuto che non avrebbe esitato a intervenire di nuovo in circostanze analoghe. “La vita degli individui è sacra – ripete – ma quando si travalica la legalità con tracotanza, mettendo in pericolo l’incolumità altrui è giusto che i cittadini abbiano la possibilità di difendersi. Lo rifarei”. Sono le 2.20 di mercoledì notte quando sul telefonino dell’imprenditore arriva la segnalazione, e tramite le telecamere le vede, della presenza di persone nel fortino blindato di via dell’Artigianato. Zancan ha preso la pistola e nel giro di pochi minuti è arrivato in ditta, mentre la moglie dell’orafo avvertiva il 112. Quando arriva in azienda sette criminali incappucciati sono nel perimetro della fabbrica, mentre tre fanno da pali. Non ci pensa due volte, Robertino, a sparare in aria, scaricando il revolver. I predoni così decidono di fuggire, nonostante stessero per attaccare il caveau dopo avere sfondato una parete vetrata blindata con un’automobile della ditta. “Che cosa avrei dovuto fare se non sparare? Come potevo metterli in fuga – racconta ai numerosi cronisti che lo intervistano -, se le forze dell’ordine non erano ancora arrivate? Dovevo lasciarli portare via tutto quello per cui lavoro da una vita? Ho già subito furti ingenti, poi si sa che le assicurazioni non ti rimborsano tutti i danni, perciò non avevo alternative. I carabinieri sono stati qui tutto il giorno a cercare i bossoli nel piazzale e mi hanno sequestrato non solo la pistola, ma anche le altri armi che ho, e che sono regolarmente denunciate, anziché andare a prendere i ladri”. Robertino Zancan è preoccupato perché a breve uscirà di galera uno dei banditi che vennero arrestati dopo l’assalto finito nel sangue dieci anni fa. “Me l’aveva giurata, dicendo che avevo raccontato un film tutto poi per farlo condannare – prosegue l’imprenditore -, mentre era la semplice verità. Soltanto che adesso non ho più le armi e se arriva qualcuno a casa mia non posso difendermi. Mi verrebbe da chiudere l’azienda e andarmene a fare la bella vita da qualche parte, ma sono una persona responsabile, dalla mia attività dipendono sessanta famiglie, si fa impresa non solo per fare soldi, ma per un etica sociale e del lavoro che questi fatti mettono in forte crisi”.


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