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Soulé non andrà in nazionale: “Aspetto l’Argentina”

di Giovanni Vasso -


Matias Soulé è argentino, si sente tale, e perciò non vestirà la maglia della Nazionale italiana. Il giovanissimo talento della Juve, in prestito al Frosinone, ha risposto picche all’invito pervenutogli dal commissario tecnico Luciano Spalletti. Che avrebbe voluto vederlo, in azzurro, a risollevare un po’ le sorti sportive, e soprattutto il livello tecnico, della nazionale: ma Soulé aspetta, invece, che a chiamarlo sia l’Albiceleste.

Non c’è da biasimarlo, in fondo. Il ragazzo sta crescendo, come calciatore, nel campionato italiano ma il richiamo dell’Argentina, che per inciso è campione del mondo in carica, è troppo forte. In più, Soulé è un numero dieci. Che sogna, legittimamente, di indossare un giorno la maglia che fu di Diego Armando Maradona prima e di Leo Messi poi. Vallo a criticare.

Non seguirà, dunque, l’esempio di Mateo Retegui. Che, pescato dal Tigre nel campionato argentino, è stato invitato dall’ormai ex commissario tecnico Roberto Mancini, oggi alla guida dell’Arabia Saudita, a vestire la maglia azzurra per dare più sostanza all’attacco tricolore. Retegui, da quel momento in poi, ha registrato un’autentica svolta per la sua carriera. Dal Tigre, infatti, è sbarcato al Genoa. Dove, debitamente catechizzato da un’altra ex leggenda argentina rossoblù come Diego Milito, è diventato, in questa primissima parte di campionato, una certezza dell’attacco della squadra allenata da un vecchio centravanti e campione del mondo (italiano) che risponde al nome di Alberto Girardino.

La porta che Soulé ha chiuso alla nazionale italiana spalanca l’ennesima voragine a Coverciano. Quale è lo stato di salute del nostro calcio? Possibile che di talenti italiani, in giro per l’Italia, non ce n’è? Il fatto è che Luciano Spalletti non ha tempo da perdere e gli serve gente da mandare in campo subito. L’obiettivo è la qualificazione agli europei del 2024 e se dovesse fallire, per la Federazione, si aprirerebbero inediti scenari da incubo. Già, perché qualcuno dovrebbe poi spiegare, e farlo bene, perché i campioni in carica non siano riusciti nemmeno a qualificarsi, dopo aver ciccato, per ben due volte, la qualificazione ai Mondiali.

Per l’orgoglio italiano sarebbe troppo. Per gli affari e per i bilanci della Figc, pure.


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