Attualità

Social e adolescenti: non servono i divieti per proteggerli

di Giulia Sorrentino -


È stato presentato al Parlamento australiano un disegno di legge per vietare i social media agli adolescenti, cioè ai minori di sedici anni, prevedendo multe di oltre trenta milioni di euro per le aziende che non rispettano le regole. Eccessivo? Assolutamente, ma un provvedimento simile ha il sapore della deterrenza che però non sempre, soprattutto se così estrema, può essere utile. Misure simili, infatti, possono generare nel nostro cervello l’immediato bisogno di trasgredire e di violare una determinata misura proprio perché ad alto rischio. Al tempo stesso è necessaria una tutela nei confronti degli adolescenti, soprattutto se vediamo spopolare sui social fenomeni come il “Calippo tour” che altro non sono se non lo specchio di ciò che una certa fetta di società va rincorrendo, ovvero la notorietà ad ogni costo. Vanno proposti nuovi modelli attraverso una comunicazione strategica e anche appealing, perché sappiamo quanto i giovani amino le tendenze, che consentano una sorta di inversione di paradigma grazie alla quale ritrovarsi in un bar a chiacchierare senza farsi necessariamente un selfie avrà quasi un senso di liberazione. Nel 2030 l’Organizzazione mondiale della sanità ha parlato di pandemia in merito al disagio mentale: saranno sempre più dilaganti la depressione, gli attacchi di panico, i disturbi del tono dell’umore. Su tutto ciò la tecnologia, o meglio l’eccesso di essa, altro non possono che acuire una predisposizione genetica verso determinate patologie che non fanno sconti soprattutto ai cervelli in fase di sviluppo. Non possiamo non regolamentare l’uso dei social anche in Italia, sia a livello istituzionale che familiare, in un perfetto connubio e dialogo che oggi manca tra potere e nucleo domestico. Nucleo in cui si devono inserire anche le scuole, che diventeranno il centro culturale e sociale in cui le norme verranno spiegate, attuate e divulgate. Non possiamo lamentarci di una generazione priva di fantasia se non diamo loro gli strumenti per svilupparla. Mancano gli incentivi e no, non parliamo di fondi, di soldi, bensì di idee e progetti che consentano un upgrade di una generazione di cui non possiamo dimenticarci, perché rappresentano il nostro futuro anche se, oggi, sarebbe meglio parlare di una “Gioventù bruciata”.


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